L’Artemio Franchi, un cantiere a cielo aperto che sembra progredire con la velocità di un bradipo in ferie, riapre i battenti per la terza giornata di Serie A con l’entusiasmo di chi spera che un po’ di vernice fresca possa nascondere le crepe. La Fiorentina di Stefano Pioli, reduce da due pareggi che sanno di caffè freddo contro Cagliari e Torino, si presenta con l’ardore di chi crede che un inno cantato a pieni polmoni possa spaventare il Napoli di Antonio Conte. Ingenuità pura! Gli azzurri arrivano a Firenze non come avversari, ma come architetti di una lezione di calcio, con Kevin De Bruyne che maneggia il pallone come un pittore rinascimentale e Rasmus Hojlund, il vichingo in prestito dal Manchester United, pronto a lasciare il segno.
Minuto sei: il rigore che puzza di destino
Il fischio di Luca Zufferli risuona nel Franchi, tra impalcature e operai che sembrano lavorare con la fretta di chi deve consegnare un progetto entro il 2030. Pongracic, difensore viola con la grazia di un muletto in un negozio di cristalli, decide di inaugurare la serata con un fallo su Anguissa in area. È uno di quei contatti che in un’amichevole finirebbe con un “scusa, amico”, ma contro il Napoli diventa un rigore che De Bruyne trasforma con la calma di chi ordina un gelato in Piazza della Signoria. 0-1, e il belga, che a 34 anni sembra aver trovato la formula dell’eterna giovinezza in una bottiglia di limoncello, guarda il cantiere del Franchi con un sorrisetto: “Carino, ma ci vuole più cemento”.
Minuto quattordici: Hojlund, il vichingo che affonda
Passano otto minuti, e il Napoli decide che un gol è troppo poco per soddisfare l’ego vorace di Conte. Spinazzola, rigenerato dal tecnico pugliese come un motorino d’epoca tirato a lucido, serve un pallone al bacio per Hojlund. Il danese, arrivato con l’etichetta di “futuro fenomeno” e il peso di chi deve dimostrare di non essere un pacco rispedito da Manchester, scatta alle spalle di Pongracic – che sembra chiedersi se il calcio sia davvero il suo destino – e trafigge De Gea con un diagonale che canta: “Napoli, sono qui per restare!”. 0-2, esordio da sogno, e il Franchi, con le sue gru silenziose, si zittisce come un museo dopo l’orario di chiusura. La Fiorentina prova a reagire, con Mandragora che corre come se dovesse consegnare un pacco urgente e Fagioli che passa palloni con la precisione di un turista che cerca il Duomo con una mappa al contrario. E Dzeko? Edin, il nostro eterno guerriero, tocca palloni con la poesia di un cantautore, ma con la pericolosità di un gatto che insegue un raggio di sole. Zero tiri, zero guizzi, zero speranze.
Secondo tempo: Beukema, l’olandese che rovina tutto
Il primo tempo si chiude con il Napoli che gestisce la partita come un geometra che misura il cantiere del Franchi con un righello. De Gea, unico viola che sembra aver portato il manuale del portiere, para tre tiri che avrebbero potuto trasformare il punteggio in una goleada da cartolina. Ma la ripresa? È il momento in cui il Napoli decide di affondare il coltello con la cortesia di un cameriere che ti porge un conto salato con un inchino. Minuto 51, corner di Politano: Anguissa, con la grinta di chi potrebbe sollevare una delle gru del Franchi, serve un assist al bacio per Sam Beukema, l’olandese arrivato dal Bologna con l’aria da contabile e il cinismo di chi sa che segnare a Firenze è più facile che trovare un parcheggio in centro all’ora di punta. 0-3, e il cantiere del Franchi diventa un monumento al silenzio. Beukema festeggia con la modestia di chi sa che il suo gol è solo un mattone in più nella muraglia azzurra. Pioli, dalla panchina, ha l’espressione di chi ha ordinato un espresso e si è visto servire un tè all’acqua di rose.
Il gol della bandiera: un cerotto su un cantiere
La Fiorentina, ormai ridotta a un gruppo di operai smarriti in un cantiere senza fine, trova un barlume di dignità al 79’. Corner di Nicolussi Caviglia, deviazione di Lucca, e Luca Ranieri, difensore che sembra più a suo agio in area avversaria che nella propria, infila Milinkovic-Savic con un sinistro che sa di “almeno ci abbiamo provato”. 1-3, e la Fiesole esplode come se avessero trovato un biglietto della lotteria abbandonato. Cari tifosi, calmate gli entusiasmi: è solo un cerotto su una ferita che sanguina da tre gol e un cantiere che non finisce mai. Negli ultimi minuti, Piccoli – subentrato a un Dzeko che sembrava già prenotato per un ritiro zen – sfiora il 2-3, ma Milinkovic-Savic para con la serenità di chi sa che la partita è già in cassaforte. Conte, dalla panchina, sbraita come se il mondo stesse crollando, perché per lui un gol subito è un affronto personale, anche con un vantaggio che farebbe rilassare un monaco buddista. È il suo superpotere: trasformare una vittoria schiacciante in una crociata tattica.
Epilogo: una lezione che scava profondo
Finisce 1-3, e il Napoli torna a casa con tre punti, nove in classifica e l’arroganza elegante di chi sa di essere il capocantiere della Serie A. De Bruyne, con un gol e un assist, è il Michelangelo di questa tela azzurra; Hojlund, al debutto, è il vichingo che promette di conquistare; Beukema è il difensore che segna e probabilmente sistema anche i piani di lavoro di Conte. E la Fiorentina? Un inno alla sventura, un cantiere calcistico che crolla sotto il peso delle sue stesse ambizioni. Pioli, in conferenza, prova a vendere ottimismo come un impresario che giura che i lavori finiranno “presto”: “Abbiamo mostrato carattere, ma il Napoli è su un altro livello”. Caro Stefano, il tuo carattere è da standing ovation, ma il livello del Napoli non è “un altro”, è una galassia che la Viola può solo ammirare con un binocolo. Pongracic e Comuzzo, in difesa, sembravano due operai che cercano di montare un mobile IKEA senza istruzioni; Fagioli ha passato più palloni agli avversari che ai compagni; Kean, il bomber da 24 gol nella scorsa stagione, stasera ha fatto l’ospite che si perde tra le impalcature.
La Fiesole applaude, fischia, sospira, come chi sa che il Bologna, prossima tappa, non sarà una passeggiata tra i colli. Il Napoli, invece, vola verso la Champions, pronto a sfidare il Manchester City con la serenità di chi sa che Conte non accetta scuse, nemmeno da un extraterrestre. Il calcio è questo: un giorno sogni di essere il padrone di un Franchi rinnovato, il giorno dopo sei la Viola che inciampa in un cantiere contro un Napoli che gioca come se il pallone fosse un’estensione del suo ego. Il Franchi, che sperava di essere una fortezza, è stato un luna park per gli azzurri, con le gru a fare da spettatori silenziose. E la Fiorentina? Deve raccogliere i cocci, stringere i denti e sperare che il prossimo capitolo sia meno amaro. Ma contro questo Napoli, persino il David di Michelangelo avrebbe chiesto un permesso per malattia. E la Viola, beh, ha solo sudato, sognato e perso in un cantiere che non vede la fine.
