Calciomercato Viola, ovvero Come Sognare la Champions e Comprare un Abbonamento al Pragmatismo

La città brilla nell’ultimo sole estivo, i turisti inciampano sui sampietrini di Piazza della Signoria, e i tifosi della Fiorentina si preparano al rito annuale: decifrare un calciomercato che sembra scritto da un contabile con un debole per il minimalismo e un’allergia ai sogni. La sessione estiva si è chiusa con il fragore di un brindisi con acqua minerale, lasciando la Viola di Stefano Pioli – il tecnico richiamato come un vecchio zio che sa come far funzionare la lavatrice rotta – con una rosa che è più un restyling da discount che una rivoluzione da Champions. Allacciate le cinture, tifosi viola: questo è un viaggio tra promesse infrante, bilanci scintillanti e un paio di colpi che potrebbero – forse – farvi sorridere. O almeno, non urlare al cielo.


Le Cessioni: Un Esodo con Vista sul Bilancio

Iniziamo dalle partenze, perché la Fiorentina ha un talento innato per salutare i suoi con la grazia di chi ti invita a cena e poi ti presenta il conto. Niente drammi epici come l’estate scorsa, quando Nico González, Michael Kayode e Sofyan Amrabat presero il largo lasciando vuoti da stadio olimpico.
Il colpo più rumoroso? Lucas Beltran, l’argentino arrivato come erede di Vlahovic e partito come un pacco postale mal confezionato, direzione Valencia, in prestito oneroso per 1 milione di euro, senza opzione di riscatto. Niente incassi pesanti, ma un peso in meno per Pioli, che non dovrà più spremersi le meningi per far brillare un talento che alternava fiammate da fenomeno a giornate da turista smarrito. Beltran vola in Liga con l’aura di chi cerca sé stesso, e i tifosi si chiedono se tornerà mai a essere il bomber promesso o se finirà nella lunga lista dei “quasi campioni”. Adios, Lucas, e manda una cartolina dal Mestalla.

Poi c’è Jonathan Ikoné, ceduto a titolo definitivo al Paris FC per 3 milioni di euro. L’esterno francese, che in viola ha alternato dribbling ubriacanti a momenti di pura apatia, saluta Firenze con un trasferimento che sa di liberazione reciproca. Tre milioni per un giocatore che non ha mai convinto del tutto? È come vendere un quadro astratto a un mercatino: qualcuno lo compra, ma non capisci perché. Buona fortuna, Jonathan, e speriamo che a Parigi trovino il manuale per decifrarti.

Josip Brekalo, invece, ha scelto la via della rescissione consensuale, approdando al Real Oviedo come svincolato. L’ala croata, che in viola non ha mai lasciato il segno, se ne va con la discrezione di chi esce in punta di piedi da una festa noiosa. Nessun incasso, solo un “arrivederci” che suona più come un “addio e non torniamo sull’argomento”. La sua rescissione è il perfetto epilogo di un’avventura che non è mai decollata, lasciando i tifosi con un’alzata di spalle e un “vabbè, tanto non cambiava nulla”.

Alessandro Bianco completa il quartetto delle uscite, spedito al PAOK Salonicco in prestito con diritto di riscatto. Il giovane centrocampista, classe 2002, va a farsi le ossa in Grecia, tra Champions League e souvlaki, con la speranza di tornare più maturo. Ma a Firenze, si sa, i giovani spesso partono per non tornare, e il rischio è che Bianco diventi l’ennesimo “promettente” finito nel dimenticatoio. Nessun euro in cassa, solo un arrivederci che puzza di addio.

Da segnalare anche le non-cessioni che hanno fatto parlare: Pietro Comuzzo, il gioiellino classe 2005, ha rifiutato un’offerta monstre da 38 milioni dell’Al Hilal, scegliendo di restare viola. Un gesto che scalda il cuore più di una ribollita, ma che non porta liquidità immediata. Pablo Marí, corteggiato dal Torino, è rimasto, forse perché nessuno ha voluto scommettere su un centrale che alterna giornate da colosso a momenti da comparsa. Cristiano Biraghi, bandiera sbiadita, è passato al Torino per 250.000 euro, un’operazione che sa di saluto definitivo a un simbolo del recente passato. E poi c’è Pietro Terracciano, ceduto a titolo gratuito al Milan: un addio che lascia De Gea solo tra i pali, ma che non rimpingua le casse.

Totale incassi? 4,25 milioni di euro (3 da Ikoné, 1 da Beltran, 0,25 da Biraghi), secondo i dati di Transfermarkt . Una cifra che sembra più un rimborso spese che un tesoro da reinvestire. Il tifoso viola, abituato a vedere i big partire per cifre a due zeri, guarda questo bottino con rassegnazione : “Almeno paghiamo le bollette, no?”.

Gli Acquisti: Sette Colpi e un Silenzio Assordante

Sul fronte arrivi, la Fiorentina ha aperto il portafoglio con l’entusiasmo di chi compra un biglietto della lotteria sapendo che non vincerà. Spesa totale: 47,9 milioni di euro, secondo Transfermarkt, con cinque operazioni mirate a puntellare una rosa che, dopo le cessioni dell’anno scorso, sembra un puzzle con troppi pezzi mancanti. Ecco i protagonisti di questo mercato da “risparmio creativo”.

Roberto Piccoli, il colpo più costoso, arriva dal Cagliari a titolo definitivo per 25 milioni di euro più 2 di bonus. L’attaccante classe 2001, con il suo fisico imponente e un fiuto per il gol che alterna giornate da bomber a momenti di letargia, è la grande scommessa dell’estate viola. Pioli lo vede come il nuovo punto di riferimento in attacco, ma i numeri parlano chiaro:  Piccoli ha fallito il 73% delle grandi occasioni da gol nello scorso campionato. Un dato che fa tremare i polsi, ma anche sperare: se trova continuità, potrebbe essere il nuovo Vlahovic; altrimenti, sarà l’ennesimo “quasi”. Contratto fino al 2030: o diventa una stella, o Firenze avrà un nuovo motivo per sospirare.

Tariq Lamptey, terzino destro ghanese, arriva dal Brighton per 6 milioni di euro, più 3 di bonus e una percentuale sulla futura rivendita. Classe 2000, con 122 presenze in Premier League e 11 caps con il Ghana, Lamptey è un fulmine sulla fascia, con dribbling e cross che potrebbero far dimenticare Kayode. Ma attenzione: le sue ginocchia, fragili come biscotti inzuppati nel latte, lo rendono una scommessa ad alto rischio. Se resta sano, potrebbe essere il colpo che accende la Fiesole; se si rompe, prepariamoci a vedere Dodô rispolverato come un vecchio vinile. È l’acquisto che incarna lo spirito viola: tanto potenziale, altrettanta ansia.

Hans Nicolussi Caviglia, centrocampista classe 2000, arriva dal Venezia in prestito oneroso da 1 milione, con obbligo di riscatto a 7 milioni se si verificano condizioni come presenze o obiettivi di squadra. Ex Juventus, Nicolussi ha il tocco elegante da regista e l’aria di chi potrebbe crescere sotto Pioli, but he’s not the type to make you scream “genius!” at his first pass. È un investimento low-cost, di quelli che possono rivelarsi azzeccati o sparire nel grigiore della mediana. Battuta la concorrenza del Torino, la Fiorentina si è assicurata un jolly che potrebbe portare equilibrio, ma che per ora è più un “vediamo” che un “eureka”. Contratto fino al 2030, con la speranza che non diventi un altro nome nella lista dei “promettenti ma dimenticati”.

Simon Sohm, centrocampista svizzero prelevato dal Parma per 15 milioni di euro, è il rinforzo che porta sostanza in mediana. Solido, fisico, affidabile, Sohm è il classico giocatore che non fa alzare il pubblico in piedi, ma che potrebbe diventare un pilastro per Pioli. La sua esperienza in Serie A con il Parma è una garanzia, ma non aspettatevi giocate da trequartista: è più un operaio di lusso che un artista. Un acquisto che urla “pragmatismo”, ma che lascia i tifosi con un sopracciglio alzato: “Tutto qui?”.

Edin Dzeko, svincolato dal Fenerbahce, porta a Firenze un carico di esperienza e gol a costo zero. A 39 anni, il bosniaco è come un vino d’annata: non corre più come un ventenne, ma sa ancora dove mettere la palla. È il colpo nostalgico che scalda i cuori dei tifosi più romantici, ma che solleva dubbi: in una Serie A che chiede dinamismo, sarà un Batistuta stagionato o un Vieri al tramonto? Pioli conta su di lui per fare da chioccia ai giovani, ma il rischio è che le sue gambe cedano prima della fine del girone d’andata.

Niccolò Fazzini, centrocampista classe 2000, arriva dall’Empoli per un cifra non dichiarata, ma stimata intorno ai 4 milioni di euro. Altro prodotto del vivaio empolese, Fazzini porta freschezza e dinamismo, ma non è il tipo che accende la fantasia dei tifosi. È una scommessa a medio termine, di quelle che potrebbero fruttare se Pioli riesce a modellarlo, ma per ora è più un “progetto” che un titolare. Un acquisto che sa di continuità, ma non di rivoluzione.


Mattia Viti, difensore classe 2002, arriva in prestito con diritto di riscatto dal Nizza per 4,5 milioni di euro. Ex Empoli, Viti è un investimento sul futuro, con un passato da promessa del calcio italiano che non ha ancora trovato continuità. Pioli lo vede come un’alternativa ai titolari, ma il rischio è che resti un eterno incompiuto. È il tipo di acquisto che fa sperare i romantici, ma che fa storcere il naso ai cinici.

E poi? Un deserto di trattative sfumate. Victor Lindelöf, svincolato ex Manchester United, era a un passo dalla Viola, ma ha scelto l’Aston Villa, lasciando Firenze con un pugno di mosche e un “ci abbiamo provato”. Hans Hateboer? Un flirt estivo, sfumato come un gelato al sole. Con Moise Kean confermato come faro offensivo dopo un rinnovo con clausola aumentata oltre i 52 milioni – un gesto che sa più di scaramanzia che di fiducia incrollabile, la Fiorentina ha puntato sulla continuità, rinforzando fascia destra, centrocampo e attacco, ma senza quel colpo da prima pagina che avrebbe fatto urlare “Forza Viola!” senza retrogusto amaro.


Il Bilancio: Commisso, il Gran Visir del Risparmio

Parliamo di numeri, perché in casa Fiorentina il bilancio è più sacro del Campanile di Giotto. La spesa totale, ammonta a 47,9 milioni di euro (25+2 per Piccoli, 15 per Sohm, 6 per Lamptey, 1 per Nicolussi, 4,5 per Viti), con incassi di 4,25 milioni (3 da Ikoné, 1 da Beltran, 0,25 da Biraghi). Il saldo? Un passivo di -43,65 milioni, un dato che stride con le fonti che parlano di un rosso più pesante (-60 milioni), ma che include anche operazioni delle due precedenti sessioni come Fagioli, Gudmundsson e Gosens. Rispetto al 2024, quando le cessioni di Nico & co. portarono quasi 60 milioni, questo è un mercato da “bassa stagione”, con un occhio al Fair Play Finanziario e l’altro al portafoglio.

Confrontando con i rivali, il divario è lampante: la Juventus si regala Jonathan David, il Napoli si prende De Bruyne, il Milan scommette su Modric. La Fiorentina? Si accontenta di Piccoli, Lamptey, Nicolussi, Sohm e Viti, come se il sogno europeo si potesse costruire con i buoni sconto. Commisso, maestro del “spendo solo se necessario”, ha trasformato la Viola in un modello di prudenza che farebbe invidia alla UEFA, ma che lascia i tifosi con un’amara verità: il calcio non è solo numeri, è emozione. E qui, di emozioni, ne arrivano poche.

La Conference League: L’Amore Tossico dei Viola

E poi c’è la Conference League, la coppa che per la Fiorentina è come un ex che non riesci a dimenticare: ci provi, ti illudi, e poi ti lascia con un messaggio non letto. Per il quinto anno consecutivo i viola sono in gara, ma la semifinale persa contro il Real Betis  è una cicatrice fresca. Lamptey potrebbe dare sprint sulla fascia, Nicolussi e Sohm un po’ di ordine in mediana, Piccoli qualche gol pesante, Viti solidità difensiva. L’obiettivo è superare gli ottavi, ma in un torneo sempre più competitivo serve un miracolo tattico di Pioli o un mercato di gennaio con più fegato. I tifosi, stufi di “bei percorsi”, vogliono un trofeo, non un altro “quasi” da raccontare al bar.


Il tifoso viola è un maestro di resilienza, capace di ridere mentre il cuore gli si spezza come un piatto di ceramica a un matrimonio greco. Questo mercato è stato un capolavoro di aspettative tradite: “Piccoli? Speriamo non sia il prossimo Nzola!”, “Lamptey? Se non si rompe, è un miracolo!”, “Nicolussi e Sohm? I colpi che non sapevamo di non volere!”, “Viti? Un altro progetto da assemblare!”, gridano i meme. La Fiesole, pronta a sfoderare coreografie epiche, ha già il suo striscione immaginario: “Rocco, meno bilanci e più campioni!”. La notizia di Comuzzo che rifiuta l’Arabia è l’unico barlume di luce, un gesto da “bandiera” in una piazza che di bandiere ne ha viste poche. Ma il resto? Un mercato da mercatino dell’usato in un calcio dove le big comprano da boutique di lusso.

La preseason ha mostrato una squadra solida ma prevedibile, con pareggi che sanno di rimpianto e vittorie contro avversari da amichevole estiva. Pioli, con il suo aplomb da generale, dovrà trasformare cinque rinforzi e una rosa di onesti mestieranti in un gruppo da Europa. Ma senza un colpo da copertina, la stagione rischia di essere un altro capitolo della saga “Fiorentina: quasi, ma non abbastanza”. Caro tifoso viola, armati di Chianti e ironia: il Franchi è ancora un cantiere, il mercato un’equazione risolta a metà, ma la passione resta il tuo superpotere.

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