Fiorentina-Betis, atto secondo: la Viola gioca col fuoco

La città di Dante, del Rinascimento e delle code infinite per un panino da All’Antico Vinaio si prepara a un’altra serata di passione calcistica, di quelle che ti fanno invecchiare di dieci anni in novanta minuti. Giovedì, la Fiorentina ospiterà il Betis Siviglia al Franchi per il ritorno della semifinale di Conference League, con l’ingrato compito di rimontare l’1-2 dell’andata. Non è esattamente come chiedere un tavolo senza prenotazione da Cibreo, ma quasi. La Viola ci crede, il Franchi trema, e noi siamo qui a pregare che non finisca con un’altra serata da “ma perché tifo per questa squadra?”. Spoiler: probabilmente finirà così, ma sognare non costa nulla. O almeno, non più dei biglietti in Curva Fiesole.


L’andata: un disastro con un pizzico di speranza
Rewind all’andata, perché senza quel disastro al Benito Villamarín non capiremmo cosa ci aspetta. La Fiorentina, con l’entusiasmo di chi va a un colloquio di lavoro senza aver aggiornato il curriculum, è stata colpita dopo appena sei minuti. Ezzalzouli, con la gentile collaborazione di un Comuzzo che sembrava impegnato a fare la statua vivente in Piazza della Signoria, ha infilato De Gea con un gol che sa di beffa: traversa e rete, come in una slot machine che ti dà due ciliegie e poi ti ride in faccia. 1-0, e la Viola già con l’espressione di chi ha dimenticato il portafoglio a casa.
Il secondo tempo? Un’agonia con lampi di genio. La squadra di Palladino, che sembrava pronta a tornare a Firenze in autostop, ha trovato un barlume di vita con l’ingresso di Moise Kean, l’uomo che a Firenze è passato da “chi è questo?” a “statua in Piazza Duomo, subito”. Ma il calcio, come un cameriere che ti porta il conto sbagliato, ha altri piani. Al 64’ Antony, con un destro che sembrava uscito da un tutorial di YouTube, ha fatto 2-0. Silenzio tra i 1200 tifosi viola in trasferta, molti dei quali probabilmente già su Skyscanner a cercare voli low-cost per casa.
Eppure, quando tutto sembrava perduto, ecco il colpo di scena degno di un film di Sorrentino. Al 73’ capitan Ranieri, con un diagonale che profuma di rivincita, accorcia le distanze su assist di Gosens. 2-1. Non è la rimonta del secolo, ma è abbastanza per far credere ai tifosi che la finale di Breslavia non sia solo un miraggio. Certo, ribaltare il risultato al ritorno sarà come convincere un fiorentino a mangiare una pizza con dell’ananas sopra: missione impossibile, ma non del tutto.
Il Franchi, bolgia o déjà-vu?
Il Franchi, che giovedì sera sarà pieno come un autobus all’ora di punta, è l’arma segreta della Viola. O almeno, così dovrebbe essere. Con 24mila tifosi pronti a cantare fino a perdere le tonsille, lo stadio – nonostante sembri un cantiere abusivo con quei lavori in corso – diventerà una bolgia. I tifosi viola, eterni romantici con un debole per l’autodistruzione, sono pronti a sostenere la squadra nonostante due finali di Conference perse di fila (West Ham 2023, Olympiacos 2024). È come continuare a guardare un film sapendo che il finale ti farà piangere, ma con più sciarpe e meno fazzoletti.
Il Betis porterà 1300 andalusi rumorosi, ma non avrà il tifo del Villamarín a coprirgli le spalle. La Viola, con un Dodo finalmente recuperato – perché senza di lui la fascia destra era aperta come il Ponte Vecchio a Ferragosto – e un Kean che scalpita per dimostrare che non è solo un fenomeno da TikTok, ha qualche carta da giocare. Palladino, con quella faccia da professore di liceo che sa già che la classe gli combinerà un disastro, ha detto post-andata: “La qualificazione è aperta”. Traduzione dal palladiniano: “Non mandatemi in tilt il sistema nervoso, vi prego”.
Il Betis: belli, bravi e insopportabili
Non illudiamoci: il Betis non è una squadretta da quattro soldi che viene a Firenze per fare foto al Duomo. Sesti in Liga, a un soffio dalla zona Champions, gli andalusi sono guidati da Manuel Pellegrini, uno che sembra sempre sul punto di offrirti un bicchiere di sherry mentre ti spiega come ha fregato la tua difesa. Isco, che gioca con la nonchalance di chi ha già prenotato il tavolo per cena, è una minaccia costante. Antony, con quel gol all’andata, ha dimostrato di poter punire qualsiasi distrazione. E Bakambu? Beh, se segna al Franchi, prepariamoci a vedere i tifosi viola lanciare maledizioni in vernacolo fiorentino.
Ma, e c’è un ma, il Betis non è il Real Madrid. La loro difesa, con Bartra e Natan, è solida ma non è il Muro di Berlino. Se la Viola riuscirà a pressare come un vigile urbano durante il mercato di San Lorenzo, il gol potrebbe arrivare. Il problema è che il Betis sa gestire le partite come un tassista fiorentino sa evitare i turisti in bicicletta: con esperienza e un pizzico di arroganza. All’andata, come ha fatto notare l’osservatore UEFA, hanno sfruttato le transizioni per farci sembrare dei dilettanti. Tradotto: se la Fiorentina si sbilancia, rischia di tornare a casa con un’altra cicatrice.
Palladino, Kean e l’illusione della finale
Palladino, che a Firenze è arrivato con lo stesso entusiasmo con cui si va dal dentista, sta dimostrando di avere un piano. Il suo 3-5-2 è come una bistecca alla fiorentina: se la cuoci bene, è una delizia; se sbagli, è un disastro. Mandragora, che all’andata ha avuto un blackout degno di un film di Fantozzi, dovrà riscattarsi. Richardson e Fagioli, in mezzo, avranno il compito di non farsi travolgere da Lo Celso e Fornals, che sembrano giocare con il telecomando. E poi c’è Kean, il ragazzo che a Firenze è diventato una via di mezzo tra un supereroe e un influencer da stories. Se parte titolare, il Franchi potrebbe esplodere ancora prima del fischio d’inizio.
La finale di Breslavia è lì, a un passo e a un abisso di distanza. La Fiorentina ci è arrivata due volte e due volte è tornata a casa con la coda tra le gambe, come un turista che ha speso tutto il budget in via Tornabuoni. La terza potrebbe essere la volta buona, ma prima c’è da battere il Betis. E non è come scegliere tra lampredotto e ribollita: qui si fa sul serio.
La Fiorentina è come quell’amico che ti giura di arrivare puntuale e poi si presenta con un’ora di ritardo, ma con un sorriso che ti fa perdonare tutto. Giovedì sera, sotto le luci del Franchi, la Viola avrà 90 minuti per dimostrare che non è solo un eterno “quasi”. E se andrà male, beh, ci sarà sempre un altro anno per soffrire. Perché essere tifosi viola non è una scelta, è una condanna. Ma che condanna meravigliosa.
Forza Viola, e che il destino non ci tiri un altro scherzo da quattro soldi.

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