La Fiorentina danza a Vienna: 3-0 al Rapid, ma il Bologna è dietro l’angolo

In una gelida serata viennese, sotto un cielo che sembrava preso in prestito da un quadro di Klimt, la Fiorentina di Stefano Pioli ha deciso di indossare il frac e inscenare una performance degna di un gala imperiale. All’Allianz Stadion, i viola hanno umiliato il Rapid Vienna con un 3-0 che è un capolavoro di cinismo calcistico, un risultato che li issa in vetta al girone di Conference League con sei punti e un sorriso sardonico. Cher Ndour, Edin Dzeko e Albert Gudmundsson hanno firmato il tabellino, mentre il Rapid, terzo in Bundesliga austriaca, è uscito dal campo con l’aria di chi ha appena perso la strada per Schönbrunn. Ma attenzione: mentre a Vienna si festeggia con valzer immaginari, domenica al Franchi arriva il Bologna di Vincenzo Italiano, pronto a riportare tutti con i piedi per terra. Perché la Fiorentina, si sa, è un paradosso ambulante: regina d’Europa, ma eterna apprendista in Serie A.Il contesto è quasi poetico, se non fosse per l’ironia crudele del destino. Sono le 18.45, e milleduecento tifosi viola, stoici come esploratori artici, intonano cori sotto una pioggia che sembra voler lavare via i peccati di una stagione italiana disastrosa. Il Rapid Vienna, reduce da tre sconfitte consecutive – l’ultima un 2-0 dal LASK Linz che ancora brucia come una bolletta non pagata – si presenta con l’entusiasmo di un impiegato al lunedì mattina. Dietmar Stöger, il tecnico biancoverde, ha lo sguardo di chi ha appena scoperto che il suo piano partita è stato scritto su un tovagliolo. Di fronte, Stefano Pioli, il maestro emiliano che in Serie A colleziona fischi come francobolli, ma in Europa si trasforma in un alchimista capace di trasformare il piombo in oro. “Voglio una squadra concreta”, ha dichiarato alla vigilia, con la solennità di un consulente che vende soluzioni a problemi inesistenti. E concreta lo è stata: un 3-0 che è uno schiaffo in pieno volto, un’ode al calcio.La formazione viola è un mosaico di pragmatismo e lampi di genio: David De Gea in porta, con la calma di un diplomatico alle Nazioni Unite; difesa a tre con Comuzzo, Pablo Marí e Viti, più impenetrabile di un caveau bancario; Fortini e Parisi sulle fasce, che spingono come se fossero pagati a chilometro; a centrocampo, Ndour, Nicolussi Caviglia e Fagioli, quest’ultimo un esule juventino che sembra voler riscrivere la sua biografia a Firenze. In attacco, Dzeko e Piccoli: il bosniaco, eterno come un monolite, e l’italiano, con la grinta di chi deve dimostrare di non essere solo una comparsa. Il Rapid risponde con un 4-4-2 scolastico, Hedl tra i pali – un portiere che sembra aver imparato il mestiere giocando a FIFA – e un attacco guidato da Wurmbrand e Antiste, che promette scintille ma produce solo fumo.Il match è una lezione di sadico controllo. Dopo tre minuti, Viti e Dzeko sfiorano il gol, con Ahoussou che devia in corner come un passante che scansa un piccione. Al 9’, la svolta: Dzeko scaglia un tiro da fuori, Hedl si esibisce in una parata che sembra un omaggio al teatro dell’assurdo, e Ndour, con la freddezza di un contabile svedese, insacca il tap-in. 0-1. Il Rapid risponde con un tentativo timido di Wurmbrand, ma De Gea lo neutralizza con la disinvoltura di chi rifiuta una chiamata di telemarketing. La Fiorentina domina: 68% di possesso nei primi 20 minuti, una pioggia di tiri, e un pressing che riduce gli austriaci a un gruppo di scolaretti smarriti in gita. Al 48’, Fortini – un terzino che gioca da ala e farebbe invidia a Cafu in giornata di grazia – pennella un cross, e Dzeko, che in Serie A sembra muoversi al rallentatore, infila al volo. 0-2. Stöger, dalla panchina, gesticola come un direttore d’orchestra che ha perso la bacchetta, ma il suo Rapid è un disastro: passaggi sbagliati, cross che finiscono in curva, e un centrocampo che perde palloni come se fossero volantini pubblicitari.Il secondo tempo è una formalità, un’esecuzione amministrativa. Il Rapid ci prova con Gulliksen e Auer, entrati dalla panchina, ma De Gea è un muro di granito. Parisi galoppa a sinistra, Mandragora (subentrato) dà equilibrio, e al 88’ arriva il sigillo: Gudmundsson, l’islandese che sembra uscito da un mito vichingo, riceve dal giovane prodotto del vivaio viola Kouadio e trafigge Hedl con un diagonale che è un’opera d’arte. 0-3. Sipario. Il Rapid crolla, Stöger si arrende con l’aria di chi ha appena ricevuto una multa, e i viola festeggiano come se avessero conquistato l’Impero Austro-Ungarico. Ndour, eletto man of the match, corre come un forsennato; Fagioli incanta con tocchi da illusionista; Dzeko dimostra che i 39 anni sono solo un dettaglio burocratico. E Pioli? Sorride sornione, sapendo che questa gloria europea è un’oasi in un deserto di critiche.Ma non illudiamoci, perché la realtà è un’amante severa. In Serie A, la Fiorentina è un enigma irrisolto: zero vittorie, tre pareggi, quattro sconfitte, e un attacco che segna con la frequenza di un’eclissi solare. Domenica, al Franchi, arriva il Bologna di Vincenzo Italiano, l’ex tecnico viola che ora guida i rossoblù con la sicurezza di un professore che corregge compiti altrui. Il Bologna, quarto in classifica, è una macchina oliata: Odgaard e Orsolini sono in stato di grazia, e Italiano conosce i viola meglio di un archivista. “Dobbiamo tradurre questa energia in campionato”, ha detto Pioli post-partita, con l’entusiasmo di chi sa che sta per affrontare un esame senza aver studiato. Traduzione: “Mandate un prete, perché contro il Bologna ci serve un miracolo”. I tifosi viola, quei poeti che ieri cantavano sotto la pioggia viennese, torneranno al Franchi con il cuore in gola, sapendo che la loro squadra è capace di passare dal sublime al ridicolo in 90 minuti. In Conference, la Fiorentina è un rullo: sei punti, miglior attacco, difesa che non prende gol nemmeno con le cannonate. Dzeko segna come se fosse ancora al City, Ndour sembra il figlio illegittimo di Kanté, Gudmundsson entra e chiude i conti come un cecchino. Fagioli? Un trovatore in esilio, che a Firenze cerca ancora di trovare la sua ispirazione. Ma in Serie A? Un disastro, un rompicapo che nemmeno Einstein risolverebbe. Il Rapid Vienna esce dal campo con le pive nel sacco, terzo in Austria ma con l’autostima di un concorrente eliminato alla prima di un talent show. Stöger, in sala stampa, farfuglia scuse come un avvocato senza causa. E la Viola? Danza, esulta, sogna. Ma domenica c’è il Bologna, e lì non basteranno i cross di Fortini o i gol di Dzeko. Italiano arriverà con il ghigno di chi sa che può fare male, e Pioli dovrà inventarsi un piano B, o rischierà di passare da stratega viennese a bersaglio di strali in un battito di ciglia.In sintesi, questo 3-0 è un lampo di genio in una stagione di nebbia. La Fiorentina dimostra che, quando vuole, sa giocare da grande, con un cinismo che farebbe invidia a Machiavelli. Ma il calcio è un gioco spietato, e il Bologna non è il Rapid: non basterà la magia europea per evitare un’altra batosta. I viola devono trovare continuità, o resteranno l’eterna promessa incompiuta, campioni in Europa e apprendisti in patria. Per ora, godiamoci Vienna, il 3-0, e l’illusione che tutto sia possibile. Ma domenica, al Franchi, prepariamoci a soffrire. Perché la Fiorentina è così: un giorno ti fa toccare il cielo, il giorno dopo ti spedisce in cantina. E il Bologna, statene certi, è già lì che affila i coltelli.

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