Firenze, culla di poeti e artisti, che ha dato i natali a Dante, ha accolto la Roma di Gian Piero Gasperini – il demiurgo del pallone, capace di trasformare mediani in virtuosi e terzini in strateghi – con la baldanza di chi invita un lupo a cena e poi si meraviglia se manca l’agnello. Il risultato? Un 1-2 che brucia come una bolletta dimenticata, un copione già visto di speranze accese e poi spente con la precisione di un interruttore difettoso. Kean apre le danze al 14’, facendo credere ai 25mila del Franchi che, forse, questa volta il destino sarà clemente. Macché: Soulé pareggia al 22’, Cristante completa la rimonta al 30’, e la Roma, con la compattezza di un manuale di geometria euclidea, porta a casa tre punti e la vetta della Serie A con 15 punti. La Fiorentina? Tre punti in sei giornate, un piede nella palude della zona retrocessione e una precisione al tiro del 27,5% inferiore alla media europea – numeri che farebbero impallidire persino un contabile alle prime armi. Due pali (Kean e Piccoli, con una mira che sembra un omaggio a un tiratore di freccette dilettante), un attacco sterile e una squadra che crolla come un castello di carte sotto il soffio chirurgico di Gasperini. Applausi, ma solo per l’avversario.Il vero dramma, però, non si consuma sul prato verde, bensì sugli spalti, dove la Curva Fiesole, cuore pulsante e coscienza critica della città, ha deciso che il tempo delle buone maniere è scaduto come un coupon promozionale. Dopo il fischio finale, mentre Stefano Pioli vagava in panchina con l’espressione di chi ha perso il telecomando, la Curva ha srotolato striscioni che sono veri e propri capolavori di sarcasmo fiorentino: “Pradè, il tuo tempo è finito. Fai le valigie, e magari porta un navigatore per trovare la porta”. Un comunicato al vetriolo ha rincarato la dose, con una prosa che sembra scritta da un Machiavelli particolarmente ispirato: “Daniele, hai costruito castelli in aria con la solidità di un origami sotto la pioggia. Dimettiti, prima che la pazienza della Fiesole si trasformi in un avviso di sfratto”. Non è una novità: già a maggio, dopo l’addio traumatico di Palladino, la Curva aveva bollato Pradè come “il regista di un film senza trama né finale”, accusandolo di aver alimentato la disaffezione di un popolo viola stanco di promesse non mantenute. E Commisso? “Caro Rocco, smettila di twittare proclami da New York e ascolta la città. La Fiesole non è un optional, è il tuo specchio”. Una stilettata che non ammette repliche. Daniele Pradè, il direttore sportivo che, dal 2019, sembra navigare il mercato con la bussola di Cristoforo Colombo quando pensava di essere approdato in India. Il suo curriculum è un alternarsi di lampi di genio e blackout clamorosi. Un mercato estivo con nomi che dovevano lanciare la Viola verso la Champions e invece la stanno trascinando nella palide dslla lotta per non andare in Serie B. Tre punti in sei giornate, un attacco che produce meno scintille di una candela spenta e una rosa che sembra un mosaico con tessere mancanti. “Fiducia illimitata in Pioli, è il nostro faro”, ha dichiarato Pradè in una recente conferenza stampa, con il tono di chi cerca di vendere un’auto usata senza motore. Fiducia illimitata? Caro Daniele, l’unica cosa illimitata qui sembra la capacità di deludere un’intera città. La Fiesole ora non chiede più: ordina. “Dimettiti, o la prossima volta ti spediamo noi il curriculum per un altro lavoro. Magari lontano da Firenze”.E poi c’è Stefano Pioli, il condottiero, l’uomo che doveva riportare la Viola in paradiso e invece sembra intrappolato in un girone dantesco senza uscita. Tornato a Firenze a luglio, dopo l’addio di Palladino – che ha sbattuto la porta accusando la dirigenza di “arroganza e mancanza di visione” – Pioli era il salvatore annunciato: esperienza, carisma, un 4-2-3-1 abbandonato sul nascere per far posto ad un 3-5-2 che prometteva fluidità e spettacolo. Tre milioni netti a stagione per tre anni, un investimento che Rocco Commisso ha celebrato con un tweet che sembrava scritto da un motivational speaker in cerca di follower: “Back home, Stefano! Our leader!”. Leader? Più che altro, un generale che sembra aver smarrito la mappa. Contro la Roma, la sua Fiorentina ha brillato per un quarto d’ora, poi si è dissolta come un’illusione ottica. “Dobbiamo migliorare nella gestione della palla”, ha detto post-partita, con l’aria di chi ripete una lezione imparata a memoria ma mai applicata. Caro Stefano, la palla la gestite con la grazia di un elefante che prova a fare yoga. Gasperini, con due cambi azzeccati e una difesa che sembra un bunker progettato da un ingegnere svizzero, vi ha impartito una lezione che neanche un manuale di tattica potrebbe spiegare meglio. Non è che, sotto sotto, rimpiangi San Siro? O è Firenze, con la sua fame di gloria e la pazienza più corta di un tweet, a farti tremare i polsi?La Curva Fiesole non è un gruppo di tifosi capricciosi: è la voce di una città che ha visto Batistuta dipingere capolavori e ora si ritrova a contare i pali di Kean come se fossero medaglie di partecipazione. Da maggio, quando hanno definito Commisso “un presidente che parla senza pesare le parole”, fino a oggi, con striscioni che sembrano usciti da un trattato di satira politica, la Fiesole è un monito: o cambiate rotta, o affondiamo. “Pradè, se hai un briciolo di dignità, segui Palladino e sparisci”, scrivono, con una chiarezza che non lascia spazio a fraintendimenti. È la stanchezza di chi ha visto talenti come Chiesa e Vlahovic volare via per progetti che si dissolvono come bolle di sapone. I fischi erano un avvertimento; oggi, con la squadra in zona retrocessione, sono un ultimatum. La fiducia in Pioli e Pradè è finita. Come la capacità di Firenze di sognare, forse, ma non di aspettare. La Conference potrebbe essere una boccata d’ossigeno, ma se inciampate anche lì, preparati: la Fiesole non canterà, griderà.Firenze non è una città che perdona: ti ama, ti esalta, ma se la deludi, ti appende in piazza come un avviso pubblico. Pioli, trova la formula per invertire la rotta o finirai nell’archivio dei rimpianti. Pradè, fai un passo indietro prima che la Curva ti ci spinga con una pedata metaforica. E tu, Commisso, ascolta il battito viola. Perché a Firenze il pallone non è solo tondo: è viola, e pretende di volare alto. Se non lo capite, fateci un favore: levatevi di torno, ma con garbo. La Fiesole, tanto, ve lo ricorderà.
