La Fiorentina! La squadra che dovrebbe incarnare la grazia di Botticelli, la potenza di Michelangelo e il cinismo di Machiavelli, ma che invece sembra un quadro cubista di Picasso: un caos di linee storte, colori spenti e tifosi che urlano come se avessero pestato un chiodo. Due sconfitte interne consecutive contro Napoli e Como e ora una trasferta a Pisa per il derby toscano, che puzza di trappola come un formaggio lasciato al sole. Stefano Pioli, il nostro “condottiero” (parola di Pradè, che deve avere un debole per i poemi epici), è aggrappato alla panchina come un naufrago a una zattera bucata, mentre la Fiesole fischia con l’entusiasmo di un’orchestra di vuvuzela.
Atto Primo: Il Massacro del Franchi
Iniziamo dal disastro, perché chiamarlo “inizio di stagione” sarebbe come definire un uragano “un po’ di vento”. Doveva essere l’anno della rinascita viola, dopo un sesto posto l’anno scorso – diciannove vittorie, otto pareggi, undici sconfitte, per i nerd delle statistiche – con sogni di Champions e un mercato che, a detta di Commisso, “ha alzato l’asticella”. Spoiler: l’asticella è stata usata per scavare una fossa. Due pareggi mosci per aprire il campionato – 1-1 a Cagliari, dove persino le pecore sugli spalti sbadigliavano, e 0-0 col Torino, un match così noioso che Netflix l’ha rifiutato come documentario – e poi il crollo. Due sconfitte casalinghe, al Franchi, il tempio viola dove una volta si cantava e ora si fischia come in un provino per un film di Dario Argento.
Primo atto del dramma: Napoli. I campioni d’Italia di Conte arrivano a Firenze, e la Viola si scioglie come un gelato al sole di Ferragosto. Finisce 1-3, con un copione che sembra scritto da un sadico. De Bruyne, che ha più anni di un Brunello invecchiato, segna su rigore al 6’ – perché, ovviamente, la Fiorentina regala rigori come se fossero volantini del supermercato. Poi Hojlund, al 14’, infila un gol su assist di Spinazzola, e Beukema chiude i conti al 51’ con un tap-in che neanche un bambino sbaglierebbe. La Fiorentina? Un gol di Mandragora – sì, proprio lui, il bomber che non ti aspetti – e poi un lungo, interminabile nulla. Pioli, in sala stampa, parla di “episodi sfortunati”. Episodi? Caro Stefano, il Napoli ha fatto un picnic in area viola, con De Bruyne che sembrava giocare con un joystick e Moise Kean che, fedele alla sua tradizione partenopea (302 minuti senza gol contro di loro), ha brillato per assenza. La Viola, che in casa contro il Napoli vince due volte su dieci (pareggi due, sconfitte sei), ha confermato la sua allergia al Vesuvio. Ma vabbè, ci sta: il Napoli è una corazzata. Passiamo oltre.
E invece no, perché il secondo atto è ancora più grottesco. Quarta giornata, sempre al Franchi, contro il Como. Ottavo con sette punti, arriva a Firenze con l’aria di chi va a fare un giro in centro e invece esce con tre punti e un sorriso beffardo. Finisce 1-2, con la Viola che va in vantaggio – non chiedetemi chi ha segnato, è stato un lampo in un cielo nero – ma poi si spegne come una candela sotto un temporale. Pareggio comasco, e al 94’ Addai, un tizio che fino a ieri giocava con i dilettanti, segna il suo primo gol in Serie A. Beffa totale. Il Como gioca, pressa, crea; la Fiorentina sparisce dopo mezz’ora, come un turista che si perde nei vicoli di Firenze e finisce a chiedere indicazioni in cinese. Fischi dalla Fiesole, cori di protesta, e Pradè che, con la serenità di un monaco tibetano, dichiara: “Fiducia illimitata a Pioli”. Fiducia illimitata? In un mondo dove i social crocifiggono per un rigore sbagliato, queste parole suonano come una barzelletta raccontata male.
Atto Secondo: La Classifica e il Fantasma della B
Due punti in quattro giornate. Diciassetteesima posizione. Sì, avete letto bene: la Fiorentina è in zona retrocessione, un primato che non vedeva dal 2019/20, quando si salvò per miracolo. L’ultima volta con due pareggi nelle prime tre? 2024/25 e 1936/37, roba da far impallidire anche i nonni che raccontano di Batistuta. La difesa, che l’anno scorso aveva concesso solo 41 gol in 38 gare, ora ne prende cinque in due partite casalinghe. L’attacco? Kean, che in casa non segna da epoche geologiche, sembra allergico alla porta. E il centrocampo? Un orologio svizzero, ma di quelli che trovi nei mercatini, che si fermano ogni cinque minuti. La Viola non perdeva due gare interne di fila contro il Como nella sua storia, e ora eccoci qui, a contemplare un disastro che sa di commedia all’italiana.
Atto Terzo: Il Derby, ovvero la Trappola Pisana
E ora, il colpo di scena: il derby toscano contro il Pisa, quinta giornata, all’Arena Garibaldi. Trentun anni dopo l’ultima volta in Serie A (1993/94, con polemiche che ancora fanno tremare i bar di Piazza dei Miracoli), la Fiorentina va a Pisa con la leggerezza di un condannato al patibolo. Il Pisa, allenato da quel volpone di Filippo Inzaghi – uno che vive per i gol di punta e le esultanze da rockstar – viene da tre sconfitte di fila, ma ha tenuto testa al Napoli (3-2, con dignità). I nerazzurri, con 10.000 tifosi che urlano come in un’arena romana, vedono il derby come la chance di riscrivere la storia. La rivalità? È roba da Medioevo: Pisa ghibellina, Firenze guelfa; la torre pendente contro il Duomo; il mare contro l’Arno. I biglietti sono esauriti. Ma diciamocelo: questo Pisa puzza di trabocchetto. La Viola, rischia di affondare in un mare nerazzurro.
Pioli, Pradè e la Farsa della Fiducia
E Pioli? Stefano, il nostro eroe tragico. L’uomo che ha portato la Viola a un passo dall’Europa, ma che ora sembra dirigere un’orchestra senza spartito. La difesa è un colabrodo, l’attacco un deserto, e il centrocampo un labirinto. La Fiesole, che ama i suoi eroi ma non perdona i flop, ha fischiato come se fosse al Festival di Sanremo davanti a una stecca. E Pradè? Continua con il suo mantra: “Fiducia a Pioli”. Fiducia? È come dare fiducia a un pilota che ha dimenticato come si decolla. Intanto, Viviano, ex portiere viola, lancia strali: “Non preoccupa il Napoli, ma il sistema”. Parole che pesano come macigni, mentre i social già fantasticano su Motta o Spalletti.
Il Futuro: Riscatto o Apocalisse?
Ridiamoci su, perché se non ridiamo piangiamo. La Fiorentina è la regina del “quasi”, del “se solo”. Perdere contro il Napoli? Ci sta, sono alieni. Perdere contro il Como? È come farsi battere a scacchi da un piccione: umiliante. E ora il derby, che potrebbe essere la scintilla per rialzarsi o la botola che porta dritti in un incubo. Immaginate Inzaghi che esulta come ai tempi di San Siro, mentre Pioli fissa il vuoto, pensando a quel rigore di Passarella del 1986 che ancora brucia a Pisa. La Toscana, spaccata come un cocomero, aspetta. Ma una cosa è certa: se la Viola non si sveglia, questo inizio non sarà solo difficile, sarà un film di Tarantino, con tanto sangue (viola) e nessuna redenzione.
La Conference League è un’ancora di salvezza, ma il campionato è un burrone. Roma, Milan e Bologna sono dietro l’angolo, e con due punti in quattro gare, la situazione è da allarme rosso. Pioli ha una settimana per inventarsi qualcosa: un modulo nuovo, un Kean che ricordi di essere un attaccante, o un miracolo. Altrimenti, la Fiesole non canterà più, ma scriverà striscioni che faranno storia. E noi, con un ghigno amaro e un calice di Chianti, brindiamo alla Viola: che cada, ma con stile. Perché, in fondo, il calcio è questo: un amore che ti fa soffrire, ma che non smetti mai di inseguire. Anche quando perdi contro il Como.
