E così, mentre il sole tramonta sul Ponte Vecchio e i tifosi viola si preparano a un’altra stagione di speranze, rimpianti e qualche improperio al mercato, la Fiorentina piazza il colpo che fa tremare i polsi: Roberto Piccoli, il centravanti bergamasco classe 2001, strappato al Cagliari per la modica cifra di 25 milioni di euro, più bonus che potrebbero portare l’affare a sfiorare i 30. Più o meno quanto serve per comprare un monolocale a Firenze, ma con meno panorama e più responsabilità di fare gol.
Ora non fraintendetemi: Piccoli non è un signor nessuno. È giovane, ha fame, e i suoi 10 gol e 3 assist in 37 presenze con il Cagliari nella scorsa stagione dimostrano che sa dove sta di casa la porta avversaria. Ma quando la Fiorentina tira fuori dal cilindro un investimento che supera il record di Nico Gonzalez (27 milioni, grazie per il promemoria, caro Commisso), uno si aspetta almeno che il nuovo arrivato arrivi con un’aura da predestinato, magari con un mantello da supereroe o almeno un sopracciglio alzato alla Cristiano Ronaldo. Invece, siamo qui a celebrare un ragazzo che, per ora, è più noto per essere “l’ex Atalanta” che per aver fatto tremare San Siro o lo Stadium.
Un investimento da capogiro: la Viola scommette sul futuro (o sulla follia?)
Partiamo dai numeri, perché nel calcio moderno i numeri contano più delle poesie di Dante. La Fiorentina ha deciso di sborsare una cifra che, con i bonus, potrebbe fare di Piccoli l’acquisto più costoso della sua storia. Più di Cuadrado, più di chiunque altro nell’era Commisso. E non è una boutade: 25 milioni fissi, più 2-4 di bonus, con il Cagliari che si tiene pure un 10% sulla futura rivendita, giusto per ricordarci che, in Sardegna, gli affari li sanno fare.
Ora, non voglio fare il guastafeste, ma quando spendi così tanto per un ragazzo di 24 anni che ha fatto una stagione buona, qualche domanda te la poni. È davvero il messia che farà dimenticare i fasti di Batistuta? O è solo l’ennesimo tentativo di Commisso di dimostrare che, sì, i soldi li spende, ma forse non sempre con la precisione di un chirurgo? Intendiamoci, Piccoli ha il physique du rôle: 1,90 metri, destro educato, fiuto del gol e una certa abilità nel muoversi tra le linee, come piace dire agli allenatori moderni che parlano come se stessero spiegando la teoria della relatività. Ma da qui a giustificare un assegno che potrebbe finanziare un paio di film di Sorrentino, ce ne passa.
Pioli e il suo attacco: un puzzle con troppi pezzi?
Parliamo di Stefano Pioli, il condottiero viola che, dopo aver fatto i miracoli con il Milan, è sbarcato a Firenze con l’aria di chi vuole riscrivere la storia. Il suo reparto offensivo, con l’arrivo di Piccoli, sembra un buffet all you can eat: c’è Moise Kean, che alterna lampi di genio a momenti in cui sembra dimenticarsi dove sia il pallone; c’è Edin Dzeko, che a 39 anni ha ancora la classe di un lord inglese ma le ginocchia di un pensionato; e c’è Albert Gudmundsson, che a Genova era un fenomeno ma a Firenze, per ora, ha fatto più fatica di un turista che cerca parcheggio in centro. E ora, aggiungete Piccoli, che non sarà il titolare indiscusso ma un “uomo delle rotazioni”, come dicono gli esperti. Tradotto: un tizio che deve sudarsi il posto a suon di gol, sperando che Pioli non lo releghi a scaldare la panchina come un thermos di caffè.
Non è che puoi permetterti di spendere 30 milioni per un giocatore che “ruoterà” con altri tre. O meglio, puoi, ma poi non lamentarti se i tifosi iniziano a fare i conti in tasca a Pradè e Goretti, i due architetti di questo mercato che sembra un mix tra una scommessa ardita e un atto di fede. La partenza imminente di Lucas Beltran, che ha rifiutato ogni destinazione come un divo capriccioso, ha costretto la Viola a correre ai ripari, e Piccoli è il risultato.
Piccoli, il ragazzo di Bergamo con un sogno (e un contratto fino al 2030)
Roberto Piccoli, per chi non lo conoscesse, è un prodotto del vivaio dell’Atalanta, quella fabbrica di talenti che sforna giocatori come se fossero pizze margherite. A Bergamo non ha mai trovato spazio, un po’ come un adolescente che cerca di farsi notare a una festa troppo affollata. È passato per Spezia, Lecce e poi Cagliari, dove finalmente ha mostrato di avere qualcosa da dire: 10 gol in Serie A non sono bruscolini, soprattutto se giochi in una squadra che lotta per la salvezza. E ora, eccolo a Firenze, con un contratto fino al 2030 che sembra più un matrimonio che un accordo lavorativo.
Il ragazzo ha talento. È alto, fisico, sa tenere palla e ha un destro che, quando vuole, può far male. Ma il prezzo? È come comprare una bottiglia di Brunello di Montalcino e scoprire che è del 2024: magari sarà buono, ma per ora è un investimento sulla fiducia. E la fiducia, a Firenze, è una moneta che si spende con cautela, perché i tifosi viola hanno il cuore grande ma la memoria lunga. Basta un paio di partite sbagliate, e Piccoli rischia di diventare il nuovo “bidone” di turno, anche se ha tutte le carte in regola per zittire gli scettici.
Cagliari-Fiorentina: il derby del mercato
Ironia della sorte, il destino ha voluto che la prima partita di Piccoli con la Fiorentina potesse essere proprio contro il Cagliari, la sua ex squadra, nella prima giornata di Serie A. Immaginate la scena: il ragazzo che fino a ieri esultava alla Domus Arena, ora ci tornerà con la maglia viola, magari a segnare il gol decisivo contro i suoi vecchi compagni. Sarebbe il copione perfetto per un film di Hollywood, o almeno per un post che farebbe impazzire i tifosi.
In definitiva, l’acquisto di Piccoli è un manifesto delle ambizioni della Fiorentina: un club che vuole crescere, che sogna l’Europa, ma che ogni tanto inciampa nelle sue stesse aspettative. Spendere 25 milioni (più bonus) per un ragazzo di 24 anni è un atto di coraggio, o forse di incoscienza, ma in fondo è questo il bello del calcio. Piccoli non è Batistuta, non è Vlahovic, e probabilmente non lo sarà mai. Ma se riuscisse a segnare 15 gol in stagione, a far innamorare il Franchi e a dimostrare che quei 30 milioni non erano un capriccio, beh, allora potremmo dire che Commisso aveva ragione. Fino ad allora, caro Roberto, benvenuto a Firenze: la città è magnifica, il pubblico esigente, e la pressione… beh, quella è gratis.
