Fiorentina, il solito circo di fine mercato

È il momento dell’anno in cui i tifosi della Fiorentina oscillano tra la speranza di un colpo alla Maradona e l’ansia di ritrovarsi con l’ennesimo acquisto last-minute che sembra uscito da un casting di “Chi l’ha visto?”. E qualche oracolo ci ricorda che, giunti in prossimità del primo impegno ufficiale della stagione, la squadra viola ha bisogno per completare la rosa, di un regista e di un vice Dodô. Perché, diciamocelo, senza questi due tasselli, la Fiorentina rischia di sembrare una di quelle orchestre senza direttore: tanto talento, ma un caos che neanche Beethoven potrebbe salvare.

Partiamo dall’ipotetica partenza di Beltran. Anche se il giovane argentino dovesse fare le valigie – magari con destinazione qualche club che pensa di poter spendere come il PSG ma ha il bilancio di una squadra di Serie B – l’attacco viola non è il problema. Con il 3-5-2 che Pioli sta cesellando come un artigiano del Rinascimento, Kean e Gudmundsson sono una coppia che potrebbe far innamorare anche il più cinico dei critici. Kean, con quella fame da bomber ritrovato, e Gudmundsson, con la sua classe nordica che sembra dire “guardatemi, sono il vichingo del gol”, sono un duo che fa sognare. E in panchina? Oh, non temete: ci sono Dzeko, che a 39 anni sembra ancora pronto a segnare in rovesciata, e Fazzini, il giovane che scalpita come un puledro in attesa di dimostrare che non è solo un riempitivo per la lista UEFA. No, l’attacco non è il dramma. Il dramma, quello vero, sta altrove.

E qui entra in scena il primo buco nero dell’universo viola: il regista. Pioli, con quel suo fare da intellettuale del pallone, sogna un metronomo capace di trasformare il centrocampo in una tela di Caravaggio, fatta di chiaroscuri e passaggi millimetrici. E chi è il prescelto? Nientemeno che Ismael Bennacer, il pupillo che Pioli coccola nei suoi sogni notturni, probabilmente mentre sussurra “Ismael, vieni a Firenze, ti faccio un monumento in Piazza della Signoria”. Ma, come in ogni telenovela che si rispetti, c’è un ostacolo: l’ingaggio di Bennacer.
La Fiorentina, che pure ha fatto passi avanti sotto la gestione Commisso, non è esattamente pronta a sborsare cifre da capogiro. Risultato? Il sogno Bennacer resta un miraggio. E così, il centrocampo della Fiorentina rischia di rimanere un’accozzaglia di volenterosi operai senza un architetto che dia un senso al tutto.

Ma non è finita, perché il secondo buco nero è ancora più grottesco: il vice Dodô. Ora, Dodô è una garanzia sulla fascia destra, un brasiliano che corre come se fosse inseguito da un branco di puma. Ma se per caso si infortuna? Se decide di prendersi una pausa per meditare sulla vita sorseggiando una caipirinha? Chi lo sostituisce? Al momento, il nulla più assoluto, un vuoto cosmico. E questo, per una squadra che vuole competere in Serie A e in Europa, è un problema che definire “grave” è come dire che il Titanic ha avuto un piccolo incidente con un iceberg. Pioli, con quella sua calma olimpica che nasconde l’urlo interiore di un allenatore disperato, sa che senza un vice Dodô credibile, la sua idea di calcio rischia di trasformarsi in un’operetta.

E qui entra in gioco il nostro Daniele Pradè, il Houdini del calciomercato, l’uomo che vive per quei giorni finali in cui il mercato diventa una roulette russa. Ogni estate, il copione è lo stesso: settimane di silenzi imbarazzanti, voci di trattative che sembrano uscite da un romanzo di Kafka, e poi, quando i tifosi sono ormai pronti a lanciare i loro abbonamenti nel Tevere, eccolo lì, Pradè, che con un colpo di teatro tira fuori un nome dal cilindro. “Tadan! Ecco il vostro nuovo acquisto!”. Peccato che spesso quel nome sia più un punto interrogativo che una certezza. Ma stavolta, caro Daniele, il tempo stringe. Il mercato sta per chiudere, e mentre le altre squadre hanno già fatto i compiti, la Fiorentina è ancora lì, a scarabocchiare appunti come uno studente che ha passato l’estate a guardare Netflix invece di studiare. Riuscirà Pradè a portare a casa un regista degno di questo nome e un vice Dodô che non sembri un prestito dalla Primavera? O ci ritroveremo, come al solito, a commentare un mercato “sufficiente” con quel retrogusto amaro di chi sa che si poteva fare di più, molto di più?

Pioli, nel frattempo, aspetta. Con quel suo sorriso da Mona Lisa, nasconde l’ansia di chi sa che senza i tasselli giusti, la sua Fiorentina rischia di essere una bella incompiuta, un quadro di Botticelli lasciato a metà. I tifosi, dal canto loro, sono pronti a tutto: a esultare per un colpo dell’ultimo minuto, a disperarsi per un mercato anonimo, o a continuare a sognare, perché a Firenze il calcio non è mai solo un gioco, ma un’ossessione che ti consuma l’anima. Ai posteri l’ardua sentenza, certo. Ma se il mercato viola dovesse chiudersi senza regista e senza vice Dodô, prepariamoci a un’altra stagione di “potevamo fare di più”. E magari, mentre Commisso twitta dal suo attico newyorkese, i tifosi viola staranno già intonando il loro eterno mantra: “Forza Viola, nonostante tutto”.

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