In una Firenze che pulsa di sogni calcistici e ambizioni europee, c’è un nome oggi che risuona come un rintocco di campane sul Duomo: Robin Gosens. Questo tedesco dalle ali d’acciaio è il cuore battente della Fiorentina, l’arma segreta che trasforma ogni galoppata sulla fascia in un’epopea viola, il Re Mida della fascia sinistra, che converte ogni pallone in oro viola. Sì, perché se c’è una cosa che la Fiorentina deve fare, con la stessa urgenza con cui si ordina un bistecca al sangue, è respingere qualsiasi offerta per lui. Atalanta, Inter, o chiunque altro osi bussare alla porta di Commisso con un assegno in mano, si prepari a essere rispedito al mittente con un bel calcione (metaforico, sia chiaro). Perché Gosens non è un giocatore, è un’istituzione, un pilastro, un faro nella notte del 3-5-2 di Stefano Pioli. E se qualcuno pensa di portarcelo via, beh, auguri: servirà un carrarmato, e pure di quelli grossi.
Nel 3-5-2 che Pioli sta cucinando con la cura di un cuoco stellato, Robin è l’esterno a tutta fascia che ogni allenatore sogna la notte. Non è un caso che il buon Stefano, dopo anni di 4-2-3-1 al Milan, abbia guardato la rosa viola e detto: “Ok, difendiamo a tre, perché con Gosens e Dodô sulle fasce posso fare scintille”. E scintille ne fa, eccome! Gosens non corre, vola. Non crossa, dipinge. Non difende, morde. Nella passata stagione, 8 gol e 9 assist in 43 partite, numeri che farebbero invidia a un trequartista, figuriamoci a un esterno. E non parliamo di gol qualsiasi: quando Moise Kean era in modalità “dove sono finiti i miei piedi?”, Gosens si caricava la squadra sulle spalle, segnando e assistendo come se fosse la cosa più naturale del mondo. È il leader, lo “psicologo in campo”, come lo hanno definito, che sa quando spingere, quando crossare, quando inserirsi per il gol. E, diciamocelo, con quella grinta teutonica sembra uscito da un film di Tarantino, pronto a fare a pezzi chiunque gli si pari davanti.
Pioli, che non è nato ieri, ha capito che Gosens è la chiave per il suo 3-5-2. Questo modulo, che a Firenze sembra scolpito nel marmo di Carrara, vive della capacità degli esterni di essere ovunque: attacco, difesa, costruzione, persino il recupero palloni in extremis. Gosens è perfetto: ha la qualità per servire palloni al bacio a Kean e Dzeko, la cattiveria per pressare l’avversario come un lupo affamato, e l’intelligenza tattica per coprire gli spazi senza bisogno che Pioli gli disegni un manuale. E poi, se Atalanta pensa di riprenderselo per 12 milioni, come sussurra Fabrizio Romano, beh, che si portino almeno un paio di zeri in più, perché Gosens non ha prezzo. È come chiedere di vendere la Cupola del Brunelleschi: non si fa, punto.
Ma, attenzione, non basta aggrapparsi al totem Gosens per sognare l’Europa. La Fiorentina ha un disperato bisogno di un regista, un vero burattinaio che muova i fili del centrocampo. Pioli, con quel suo fare da professore pacato ma con la calcolatrice in testa, sa che senza un playmaker di qualità, il suo 3-5-2 rischia di essere un’auto da corsa senza motore. Simon Sohm, appena arrivato, porta muscoli e atletismo, ma non è il Pirlo o il Pizarro che serve per dettare i tempi e far girare la squadra come un orologio svizzero. La Viola ha bisogno di un cervello, qualcuno che trasformi il caos in ordine, che serva palloni puliti a Gosens e Dodô per farli galoppare sulle fasce, che dia equilibrio a una squadra che, diciamolo, a volte sembra un po’ troppo “cuore caldo, testa fredda”. Senza un regista, il sogno europeo – che sia Champions o Europa League – rischia di rimanere un miraggio.
Ma davvero, cari dirigenti viola, pensate di arrivare tra le prime quattro o cinque con un centrocampo che a volte sembra un gruppo di amici che si improvvisa al calcetto del giovedì sera? Commisso, che non è certo uno che lesina sul portafoglio, deve aprire i cordoni della borsa e regalare a Pioli un metronomo degno di questo nome. Perché Gosens può segnare, crossare, difendere, ma non può anche inventare gioco da solo. Serve un architetto, qualcuno che costruisca castelli di passaggi mentre Robin e Dodô scorrazzano come cavalieri medievali.
In conclusione, la Fiorentina deve blindare Gosens con catene d’acciaio e buttar via la chiave. È il simbolo di una squadra che vuole tornare grande, che sogna l’Europa, che vuole scrivere la storia, come dice lui stesso. E se qualcuno osa avvicinarsi con un’offerta, che si prepari a un “no” secco, di quelli che fanno eco fino a Lipsia, dove Gosens vuole giocare la finale di Conference. Ma, per carità, diamogli un regista, perché senza un cervello a centrocampo, anche un fenomeno come lui rischia di sembrare un guerriero che combatte con una spada spuntata. Forza Viola, e che nessuno tocchi il nostro Robin!
