Il calciomercato, quella giostra surreale dove i sogni si mescolano a calcolatrici impazzite e promesse che svaniscono come bolle di sapone, ha deciso di regalarci un nuovo capitolo da antologia: la saga di Ardon Jashari, il giovane svizzero che pare abbia tatuato il logo del Milan sul cuore, e il Club Brugge, che si comporta come un antiquario che non vende il suo vaso Ming nemmeno al prezzo di un jet privato.
Un incipit da telenovela, ma senza lieto fine garantito
Immaginate un film d’autore, di quelli che vincono premi per la tensione psicologica: da una parte, il Milan, eterno romantico del calcio, che insegue un giocatore con la devozione di un poeta che scrive sonetti alla luna. Dall’altra, il Club Brugge, che sembra uscito da un corso avanzato di “Come dire no senza battere ciglio”. In mezzo, Ardor Jashari, che ha deciso che il rossonero è il suo destino, come se San Siro fosse l’Eldorado e il resto del mondo calcistico un’accozzaglia di comparse. Questa non è una trattativa, è un duello di nervi, una partita a scacchi dove il Milan muove pedine di legno e il Brugge gioca con torri d’avorio.
Jashari, 23 anni, svizzero con radici albanesi, è il prototipo del centrocampista che fa sbavare i direttori sportivi: grinta da gladiatore, visione da regista, e un’età che promette anni di gloria. Il Milan lo vuole, lo brama, lo sogna come si sogna una Champions dopo anni di digiuno. E lui, il ragazzo, ricambia l’amore con una fedeltà che farebbe impallidire un cavaliere della Tavola Rotonda. Ha detto no alla Premier League, con i suoi contratti da capogiro e i suoi stadi che sembrano set di Hollywood. Ha detto no a Neom, che probabilmente gli offriva uno stipendio in lingotti d’oro e un cammello personale per gli spostamenti. “Milan o niente”, ha dichiarato, con una determinazione che sembra uscita da un film di guerra, dove il protagonista si rifiuta di arrendersi anche con le pallottole che fischiano.
Il Brugge, maestri del “no” olimpionico
Ma il Club Brugge, oh, il Club Brugge! Questi signori in nerazzurro (un colore che già di per sé è un affronto per ogni milanista che si rispetti) hanno trasformato la trattativa in una masterclass di ostinazione. Il Milan ha provato con un’offerta iniziale da 30 milioni, condita con i soliti bonus che sembrano usciti da un mercatino delle pulci: “Se giochi 10 minuti in Coppa Italia, ti diamo un buono Amazon”. Risposta dei belgi? Un “no” così secco che sembrava il suono di una porta blindata che si chiude. Non contenti, i rossoneri hanno rilanciato: 33,5 milioni, con bonus “facili” – tipo “se segni un gol in allenamento contro i raccattapalle, ti paghiamo il parcheggio a San Siro”. E il Brugge? Ancora un no, con la freddezza di un commercialista che ti dice che non puoi dedurre il caffè dalla dichiarazione dei redditi.
I belgi vogliono 40 milioni, una cifra che trattano come un dogma religioso, come se Jashari fosse l’ultimo panda sulla terra e loro i custodi del suo santuario. Non solo: hanno già preso un sostituto, un messaggio che suona come uno schiaffo in faccia: “Caro Milan, se vuoi il nostro tesoro, sganci i soldi, altrimenti arrangiati”. E mentre il Milan attende una risposta che non arriva mai, il Brugge contatta club inglesi per scatenare un’asta, come un venditore su eBay che sa che il suo vecchio vinile dei Pink Floyd vale più di un monolocale.
Jashari, il ribelle romantico
E Jashari? Lui è il vero divo di questa storia, un ribelle con la causa rossonera tatuata nell’anima. Non si allena, non gioca, rifiuta di posare per le foto di squadra del Brugge, come un attore che boicotta il set perché il regista non capisce la sua visione artistica. È una protesta silenziosa ma devastante: vuole il Milan, e lo vuole con una passione che farebbe sciogliere il cuore di un ultras della Curva Sud. Il Brugge, però, non si commuove: per loro, Jashari è un asset, un numero su un bilancio, e se il Milan non paga il prezzo richiesto, può anche restare a contemplare le sue foto su Instagram con la maglia rossonera photoshoppata.
Il Milan, dal canto suo, sembra intrappolato in un loop temporale degno di “Ricomincio da capo” . Ogni estate, la stessa storia: individuano il talento, fanno un’offerta che sembra scritta su un tovagliolo, si sentono dire di no, rilanciano con un paio di spiccioli in più, e poi… poi si vedrà. È il metodo Furlani, un mix di pazienza da monaco buddhista e ostinazione da venditore di enciclopedie. Le indiscrezioni parlano di un nuovo tentativo in arrivo, magari 35 milioni più un buono per il Milan Store e una promessa di ospitalità VIP per la prossima finale di Champions (che, diciamolo, al momento sembra più un miraggio che una realtà). Ma il Brugge, con la calma di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico, continua a giocare al rialzo, come un mercante che sa che il suo tappeto persiano vale più di quanto sembri.
Un mercato che è una partita a poker
Questa trattativa è l’essenza del calciomercato: un tavolo da poker dove tutti bluffano, ma nessuno vuole scoprire le carte. Il Milan sa che Jashari potrebbe essere il tassello per un centrocampo che sogna di tornare grande, ma sa anche che 40 milioni sono una cifra che fa tremare i bilanci. Il Brugge, d’altra parte, sa di avere un talento raro, ma anche un giocatore che, se continua a fare il ribelle, rischia di diventare più un problema che una risorsa. E così, si va avanti a colpi di comunicati stampa, indiscrezioni sussurrate e silenzi strategici, con i tifosi rossoneri che seguono la vicenda come se fosse una serie Netflix, con il fiato sospeso.
Perché, diciamolo, il Milan in questi anni ci ha abituati a tutto: dalle trattative lampo che si chiudono con un colpo di genio (Leao docet) alle saghe infinite che finiscono con un nulla di fatto. Jashari, con il suo mix di talento e testardaggine, sembra il candidato perfetto per entrare nella leggenda rossonera, nel bene o nel male. E i tifosi? Loro oscillano tra l’euforia di chi immagina Jashari che alza la Coppa Italia e la disperazione di chi teme l’ennesima beffa di mercato, con il Brugge che ride ultimo e il Milan che si consola con un “piano B” pescato dal cilindro.
Due finali, un destino in bilico
Come andrà a finire? Due scenari, entrambi plausibili, entrambi carichi di quel retrogusto agrodolce che solo il calciomercato sa regalare. Nel primo, il Milan decide che Jashari vale il sacrificio, tira fuori i 40 milioni (o qualcosa di molto vicino, magari con un bonus legato al numero di passaggi completati nella prossima amichevole), e porta il ragazzo a Milano. Jashari arriva a Malpensa accolto come un eroe, con sciarpe rossonere e cori da stadio, pronto a dimostrare che ogni centesimo speso è un investimento per il futuro. Magari segna il gol decisivo contro l’Inter al primo derby, e i tifosi lo incoronano come il nuovo idolo di San Siro.
Nel secondo scenario, il Brugge non molla, come un generale che difende l’ultima fortezza. Jashari, sempre più in rotta col club, continua il suo sciopero silenzioso, mentre il Milan, con un colpo di teatro degno di un film a basso budget, vira su un mediano semisconosciuto dal campionato olandese, spacciandolo come “il nuovo Kessie” o “il Pirlo dei tulipani”. I tifosi, a quel punto, si divideranno tra chi accetterà il piano B con la rassegnazione di chi ha visto troppe estati finire così e chi inonderà i social di meme al vetriolo, con Furlani trasformato in un bersaglio da tiro a segno.
In tutto questo, il vero eroe resta il tifoso rossonero, quell’inguaribile ottimista che vive il calciomercato con la passione di un innamorato e il cinismo di un critico teatrale. È lui che, tra un rifiuto del Brugge e un’offerta risicata del Milan, continua a crederci, a sperare, a immaginare Jashari che detta i tempi in mezzo al campo con la classe di un maestro d’orchestra. È lui che, nonostante le delusioni, le beffe e le trattative infinite, non smette mai di sognare un Milan che torna grande, che vince, che domina.
E così, mentre la saga di Jashari va avanti, tra offerte che sembrano scritte su un post-it e rifiuti che sanno di schiaffo morale, il tifoso rossonero resta lì, con il cuore in mano e un ghigno stampato in faccia. Perché il calciomercato, in fondo, è questo: un eterno gioco di illusioni, dove ogni estate si ricomincia da zero, con la stessa passione e lo stesso, irresistibile, masochismo.
