Lookman, Percassi e l’Atalanta: la telenovela dove i milioni vincono sempre

Il circo bergamasco sta per mettere in scena un nuovo, scintillante atto della sua telenovela preferita: “Lookman contro tutti, ovvero come trasformare un fuoriclasse in un caso diplomatico”. Protagonista assoluto, il sommo Luca Percassi, amministratore delegato dell’Atalanta, gran maestro di scacchi e fine tessitore di trame che farebbero invidia a un thriller di John le Carré, ma con meno spie e più bilanci aziendali. Le sue recenti dichiarazioni su Ademola Lookman? Un capolavoro di retorica che mescola l’arroganza di un imperatore romano, la scaltrezza di un mercante di spezie e il sarcasmo sottile di chi sa che, in fondo, il pallone è rotondo, ma i milioni sono rettangolari e devono essere “tanti”. Pronti? Si parte.

Facciamo un passo indietro. Un anno fa  Ademola Lookman, con gli occhi a cuoricino e il sogno di un jet privato direzione Champs-Élysées, si inginocchiava ai piedi della Dea implorando di essere ceduto al PSG per la modica cifra di 20 milioni. Venti milioni! Roba che a Bergamo, con quei soldi, compri giusto un paio di abbonamenti stagionali e un caffè al bar dello stadio. L’Atalanta, che Percassi definisce con orgoglio “società credibile” (e ci mancherebbe, con un’Europa League in bacheca e una Champions sfiorata più volte di quante ne possiamo contare), gli fece una promessa solenne, degna di un patto scritto su pergamena: “Vai pure, caro Ademola, ma solo in un “super top club europeo”, e guai a farti vedere con un’altra maglia italiana che non sia la nostra gloriosa nerazzurra!”. Tradotto dal bergamasco stretto: “Sognare è lecito, ma il guinzaglio lo teniamo noi, e non azzardarti a guardare verso Milano, che è a un’ora di macchina e ci farebbe sembrare meno epici”.

E qui entra in scena la commedia degli equivoci. Perché oggi la situazione è cambiata, e il nostro Ademola, che a Bergamo ha scritto poesie con i piedi (52 gol, una tripletta in finale di Europa League che ancora fa piangere i tifosi del Leverkusen e un posto fisso nei sogni erotici dei tifosi atalantini), ha deciso di passare al lato oscuro della forza: quello dei ribelli social. Con un colpo di scena degno di un teen drama su Netflix, Lookman ha trasformato il suo profilo Instagram in un manifesto di rivolta. Via le foto con la maglia dell’Atalanta, via il “segui” al club, e un post al vetriolo che grida “liberatemi!” con la drammaticità di un prigioniero politico in un film di Costa-Gavras. “Mi avevano promesso un top club!”, sembra urlare, con il tono di chi si sente tradito dopo aver prenotato una suite a cinque stelle e ritrovarsi in un ostello con il bagno condiviso. Roba da far impallidire un influencer in crisi d’identità, con tanto di hashtag #FreeLookman che, ne siamo certi, sta già circolando tra i tifosi più accaniti.

Ma attenzione, perché qui entra in gioco il genio di Luca Percassi, che con l’aplomb di un lord inglese che rifiuta un tè tiepido e la freddezza di un croupier di Las Vegas, non batte ciglio. “Decidiamo noi tempi e valori”, tuona, con la sicurezza di chi sa che il mercato è un tavolo da poker e lui ha in mano un full d’assi. E così, quando l’Inter, con la bava alla bocca per un tridente che farebbe tremare il Bernabeu, bussa alla porta di Bergamo con un’offerta di 42 milioni più bonus, Percassi risponde con un sorriso sornione e un “no, grazie” che sa di schiaffo morale. Quarantadue milioni? Ma per favore! A Bergamo, con quei soldi, ti compri giusto un paio di ali di Scamacca e un quarto di De Ketelaere. Per Lookman, che è un patrimonio dell’Unesco con gli scarpini, ci vogliono almeno 50, 60, magari 70 milioni, o un assegno firmato da un emiro con un debole per il Gewiss Stadium. E se non arriva? Beh, pazienza, si aspetta. Tanto, come ricorda Percassi con la calma di un monaco zen, “l’Atalanta decide”. Punto. Applausi. Sipario.

Intanto, l’Inter, che con Lookman aveva già trovato l’accordo (4,5 milioni a stagione, mica noccioline, più benefit che farebbero invidia a un amministratore delegato di una multinazionale), resta lì, con Beppe Marotta che probabilmente sta sfogliando il catalogo dei campioni come fosse su Amazon Prime, con la consegna garantita entro 48 ore. Un Nkunku in saldo? O magari un colpo a sorpresa, di quelli che fanno gridare al colpo di genio e mandano in estasi i tifosi nerazzurri? Difficile dirlo, ma una cosa è certa: Marotta non è tipo da arrendersi al primo “no”. E i tifosi? Quelli dell’Inter sognano un tridente con Lautaro e Thuram che potrebbe vincere la Champions anche giocando bendati, ma temono il solito veto bergamasco, che ormai è più leggendario del Muro di Berlino. Quelli dell’Atalanta, invece, sono divisi come una sitcom americana: da un lato l’orgoglio per un presidente che tratta i milioni come fossero caramelle mou, dall’altro il terrore di ritrovarsi un Lookman scontento, che si allena da solo con la faccia di chi preferirebbe essere a vendere conchiglie su una spiaggia delle Maldive.

E qui, la situazione è un capolavoro di assurdità calcistica. Lookman, che a Bergamo è stato trattato come un re (e ha ricambiato con gol che sembrano dipinti di Caravaggio), si è trasformato in un ribelle da tastiera, pronto a fare lo sciopero della fame social pur di andarsene. L’Atalanta, che potrebbe incassare una cifra che basterebbe a costruire un nuovo stadio, tira la corda come un pescatore che ha abboccato uno squalo, ma non vuole mollare la lenza. E l’Inter, che in teoria dovrebbe essere il “super top club” che Lookman sognava, si ritrova a fare la figura del corteggiatore respinto, con tanto di rose appassite e poesie strappate. Ma la vera star, inutile negarlo, è Percassi, che con il suo “decidiamo noi” ha trasformato una trattativa in una partita a scacchi dove lui è Kasparov e gli altri sono dilettanti del circolo sotto casa.

Quali saranno i risvolti? Le opzioni sono molteplici, e tutte succose. Scenario uno: l’Atalanta alza l’asticella a 60 milioni, l’Inter si ritira e Lookman resta a Bergamo, ma con la motivazione di un impiegato al lunedì mattina, segnando due gol in tutta la stagione e trasformando il Gewiss Stadium in un’arena di fischi. Scenario due: arriva un club europeo (magari il Bayern, che con i soldi non bada a spese), paga una cifra oscena e Percassi incassa, mentre Lookman vola in Baviera e i tifosi atalantini piangono lacrime amare davanti a un boccale di birra. Scenario tre, il più intrigante: l’Inter trova un modo per convincere Percassi, magari buttando sul tavolo un paio di giovani promesse o un bonus che sa di riscatto, e Lookman approda a San Siro, dove diventa l’eroe di un derby vinto 4-0. Oppure, scenario quattro, il più cinico: la trattativa si arena, Lookman si impunta, l’Atalanta lo mette in tribuna e la stagione diventa lunga e triste, con i tifosi di entrambe le squadre a chiedersi perché il calcio debba essere così complicato.

Ma una cosa è certa: in questo gioco, comanda chi ha il coltello dalla parte del manico, e a Bergamo il manico ce l’ha Percassi, che sorride sornione, accarezza il suo bilancio e pensa: “Fate pure i capricci, tanto il pallone lo calcio io”. E noi, poveri spettatori, restiamo qui, con il fiato sospeso. Perché, in fondo, il calcio è anche questo: un meraviglioso, ridicolo, irresistibile teatrino, dove i gol contano, ma i milioni contano di più. E a Bergamo, i milioni parlano con l’accento di Percassi.

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