Sotto il cielo di Grosseto, dove le zanzare hanno più mordente del reparto offensivo locale, la Fiorentina di Stefano Pioli ha inscenato una passeggiata estiva mascherata da amichevole: un 3-0 al Grosseto che è stato avvincente quanto un’assemblea condominiale. Reti di Braschi, Montenegro e Bianco, nomi che evocano più un casting per un talent show che una squadra da Champions League. Ma mentre i tifosi viola sventolano sciarpe e cantano inni per il ritorno di Pioli, il vero campo di battaglia è altrove: il calciomercato, un labirinto dove Daniele Pradè si muove come un esploratore con una bussola rotta, tra esuberi che nessuno vuole e sogni di un regista che sembra il Sacro Graal. Sul prato dello Zecchini, la Fiorentina ha fatto il minimo sindacale contro un Grosseto che aveva la stessa possibilità di segnare quanto un turista di trovare parcheggio in centro a Firenze. Pioli, con quel suo aplomb da professore che sa già che il compito sarà insufficiente, ha schierato un 3-4-2-1 che sembra un esperimento di chimica: un pizzico di Dzeko (capitano e dispensatore di due assist, perché a 39 anni si diverte ancora a fare il fenomeno), una manciata di giovani (Montenegro, classe 2007, che sembra uscito da un laboratorio di clonazione di talenti) e un Martinelli in porta che para tutto, probabilmente anche i rimproveri della mamma. Il 3-0 è un risultato che dice poco: una formalità, un allenamento con pubblico, un modo per scaldare i muscoli e i cuori. Ma il vero sudore si versa al Viola Park, dove il mercato è un rompicapo che farebbe impallidire Einstein. Parliamo degli esuberi, perché la rosa della Fiorentina sembra un mercatino dell’usato dove nessuno compra. Nzola è il pezzo forte, un attaccante che segna con la frequenza di un orologio fermo. Genoa e Pisa, (nelle ultime ore si è aggiunto anche il Flamengo) lo corteggiano, ma solo per un prestito, perché investire su di lui è come puntare su un cavallo zoppo a una corsa di Formula 1. Poi c’è Sabiri, che galleggia tra l’essere un trequartista di talento e un mistero da Voyager: il Lecce lo ha guardato, ma ha tirato dritto, come chi vede un maglione infeltrito in saldo. Infantino? Un altro caso umano, con un curriculum che sembra scritto a matita: il Venezia ha fatto un sondaggio, ma poi ha spento il telefono. E Barak, poveretto, si allena da solo al Viola Park, come un monaco in penitenza, sperando che qualcuno (magari un club turco o una squadra di Serie B ambiziosa) si ricordi di lui. Infine, Dodò, il terzino brasiliano che Commisso valuta come un Picasso, ma che il mercato considera un disegno fatto da un bambino con i pastelli. La Juventus ha provato a chiedere informazioni, ma quando ha sentito il prezzo ha risposto con un silenzio che sembrava un “ma state scherzando?”. Risultato? Una rosa gonfia come un pallone da spiaggia, con Pradè che cerca di sgonfiarla con la grazia di chi usa un cacciavite per aprire una bottiglia. E se liberarsi degli esuberi è come svuotare un garage pieno di cianfrusaglie, trovare i giocatori giusti per Pioli è un’impresa degna di un film di Spielberg. Il tecnico vuole un esterno destro per rimpiazzare Dodò (ammesso che qualcuno lo prenda) e, soprattutto, un centrocampista che dia senso al suo 3-5-2 o 3-4-2-1. Non un mediano qualunque, ma un mix di fosforo e dinamismo, un Pirlo con i polmoni di Gattuso, un condottiero che trasformi il centrocampo viola da orchestra di paese a filarmonica di Vienna. Ma trovarlo? Più facile vincere al Superenalotto. Bernabé è stato un fuoco di paglia, svanito come la voglia di lavorare il lunedì mattina. Kessié? Un sogno che costa quanto un jet privato, con un ingaggio che farebbe svenire un banchiere svizzero. Larsson e Taylor dell’Ajax? Solo chiacchiere, come quelle di chi giura che il prossimo anno farà la dieta. Fagioli, provato davanti alla difesa, è un esperimento che Pioli gestisce con la cautela di chi disinnesca una bomba. Intanto, Ndour e Bianco scalpitano, e Montenegro, che ha l’età di un TikToker, fa intravedere un futuro radioso. Ma il presente? Un centrocampo che sembra un mosaico con metà delle tessere perse sotto il divano. E mentre la Fiorentina arranca, le altre squadre giocano al Monopoli con la furbizia di chi conosce le regole. La Juventus, dopo aver riso in faccia al prezzo di Dodò, ha chiuso per João Mário dal Porto e Jonathan David a parametro zero, con un occhio su Morten Hjulmand (ex Lecce, valutato 60 milioni dallo Sporting) per rinforzare il centrocampo di Tudor. L’Inter, non contenta di aver confermato Çalhanoğlu (che ha detto no a Galatasaray e Fenerbahce), ha messo nel mirino Ademola Lookman dall’Atalanta per 50 milioni. Il Milan, guidato da Allegri, ha preso Pervis Estupiñán dal Brighton per 20 milioni e Samuele Ricci dal Torino per 23 milioni più bonus, senza dimenticare l’arrivo di Pietro Terracciano dalla Fiorentina per la porta. La Roma di Gasperini, infine, ha fatto il colpo grosso con Evan Ferguson dal Brighton, il primo irlandese della storia giallorossa, e ha chiuso per Neil El Aynaoui dal Lens, mentre insiste per Wesley del Flamengo per la fascia destra. La Fiorentina, invece, è ancora lì a inseguire fantasmi, con Pradè che sembra un pescatore che lancia la rete e tira su solo alghe.
Pioli, però, non è uno che si arrende. Il suo ritorno a Firenze è stato accolto come l’arrivo di un supereroe, e lui sta cercando di costruire la sua Justice League con quello che ha. Dzeko è la certezza. Kean, che ha detto no alle sirene arabe (forse perché preferisce la ribollita al couscous), è vicino al rinnovo. Ma il mercato resta un gioco dell’oca: un tiro di dadi e finisci nella casella “nessuno vuole Nzola”, un altro e sei fermo per “aspettando il regista”. Eppure, il 3-0 al Grosseto è un piccolo segnale: la squadra c’è, i giovani spingono, Pioli trama. Se Pradè troverà il modo di sfoltire la rosa e pescare quel centrocampista che manca, Firenze potrebbe tornare a sognare. Ma il piatto forte? Potrebbe arrivare con un fax all’ultimo respiro, un nome che fa sobbalzare i tifosi. Oppure, chissà, potrebbe essere l’ennesima beffa, un altro giro sul carrozzone di un mercato che si diverte a lasciare Firenze col fiato sospeso.
Il sipario è ancora alzato, e il finale è tutto da scrivere.
