Viola Park, bentornato Pioli

La nuova Fiorentina di Stefano Pioli si raduna, e l’aria a Firenze è densa di quell’ottimismo cauto che sa di caffè corretto speranza. Il tecnico parmigiano, reduce da un Erasmus arabo all’Al-Nassr che gli ha fruttato più petrodollari che trofei, varca i cancelli del centro sportivo viola con l’aria di chi torna a casa dopo un lungo viaggio, ma trova il frigo vuoto e il gatto che lo guarda storto. Il Viola Park, che sembra un incrocio tra un campus universitario e una navicella spaziale, è il teatro del primo atto di una stagione che, come al solito, i tifosi sognano epica e temono catastrofica.

Pioli, con quel suo aplomb da professore di educazione fisica che però sa anche fare i conti, si presenta con un contratto triennale da 3 milioni a stagione e un sorriso che dice: “Tranquilli, so cosa faccio”. O almeno, speriamo. La sua terza avventura fiorentina – la seconda da allenatore, dopo il biennio 2017-2019 segnato dalla tragedia di Astori e da un esonero che ancora brucia – è accolta con un misto di entusiasmo e scetticismo. I 1.500 tifosi presenti al Viola Park, la presentazione ufficiale, lo accolgono con cori da stadio e applausi da Oscar, ma sotto sotto si sente il brusio: “Sì, ma vediamo quanto dura”. Perché a Firenze, si sa, l’amore è eterno finché non perdi due partite di fila.

Il Viola Park è uno spettacolo: una struttura così moderna che sembra progettata da Elon Musk in un giorno di ispirazione. Campi perfetti, palestre che sembrano showroom di attrezzi da fitness, e un’energia che urla “qui si fa sul serio”. Peccato che il mercato, per ora, sembri più un mercatino dell’usato di lusso. Moise Kean, che ha declinato offerte arabe per restare (o perché gli hanno promesso una statua in Piazza della Signoria?), è il fiore all’occhiello di una rosa che vanta anche Edin Dzeko, 39 anni, preso a costo zero come se fosse un coupon scaduto ma ancora valido. Poi ci sono i giovani, tanti, convocati da Pioli come se volesse aprire una succursale della Primavera: Fazzini, Viti, Braschi, Leonardelli, Keita. Nomi che sembrano usciti da un casting per un film di Sorrentino, ma che il tecnico vuole testare per vedere se il futuro viola è già qui o se è ancora in viaggio.

La piazza, però, è inquieta. I tifosi, che hanno già sottoscritto 8.500 abbonamenti nonostante il Franchi ridotto a 12.000 posti, sognano una squadra che domini il gioco come il Barcellona di Guardiola, ma temono di ritrovarsi con un remake del Parma-Fiorentina del 2020, quella partita che, “ti faceva innamorare del basket”. E il mercato non aiuta a calmare i nervi: Kean tentato dalla Premier, Dodo senza rinnovo, Mandragora e Fagioli unici sicuri a centrocampo. Intanto, circolano voci di un interesse per Bennacer, che con Pioli al Milan ha vinto uno scudetto, ma per ora è più lontano di un parcheggio libero a Firenze in agosto.

Pioli, dal canto suo, non si scompone. In conferenza stampa, con quel tono che sembra sempre sul punto di venderti un’assicurazione, promette “una Fiorentina competitiva, che giochi un calcio che piaccia a noi e ai tifosi”. Non dice “divertente”, perché sa che a Firenze il divertimento è un optional: prima vengono i risultati, poi magari si sorride. La sua idea è chiara: difesa uomo su uomo, pressing alto, recupero palla rapido. Un calcio moderno, che strizza l’occhio all’Europa, ma che dovrà fare i conti con una rosa ancora in costruzione e con le aspettative di una città che vive il calcio come un’opera lirica: intensa, passionale, ma pronta a fischiare se sbagli una nota.

Intanto, il presidente Rocco Commisso, collegato dagli States come un boss di Wall Street in smart working, benedice l’operazione Pioli con un entusiasmo che sa di chi ha appena chiuso un affare immobiliare. “Stefano è l’uomo giusto”, dice, e i tifosi annuiscono, ma con quel retrogusto di chi si chiede se il “giusto” basterà per puntare all’Europa o se ci si accontenterà di un altro ottavo posto. La Curva Fiesole, cuore pulsante del tifo viola, è già pronta a sostenere la squadra, ma guai a deluderla: a Firenze, la curva non perdona, e i cori possono trasformarsi in fischi più veloci di un contropiede di Theo Hernandez.

Il raduno, tra allenamenti aperti e amichevoli contro la Primavera e la Carrarese, è il primo banco di prova. Pioli osserva, annota, prova a plasmare una squadra che possa essere più di una somma di nomi. Kean scherza con Dodo (“Mi ha pagato le vacanze!”), Dzeko si presenta come il nonno saggio che però può ancora segnare, e i giovani scalpitano. Il mini-tour inglese contro Leicester, Nottingham e Manchester United dirà qualcosa di più, ma per ora il Viola Park è un cantiere: ambizioso, scintillante, ma pur sempre un cantiere. E a Firenze, si sa, i cantieri sono come le promesse: belli da vedere, ma devi aspettare per capire se reggono.

In tutto questo, Pioli cammina sul filo. È l’uomo che ha riportato il Milan in Champions, ma anche quello che in Arabia ha imparato che il calcio non è solo tattica. Riuscirà a domare la bestia viola, fatta di sogni, pressioni e quel pizzico di follia che rende Firenze unica? Per ora, il sipario si è alzato, e il pubblico aspetta. Con il fiato sospeso e un abbonamento in tasca.

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