Il calciomercato, quel glorioso periodo dell’anno in cui i tifosi si trasformano in improbabili esperti di finanza, diritto contrattuale e psicologia spicciola, mentre i direttori sportivi giocano a scacchi con pedine di cristallo e un bilancio che sembra scritto su carta igienica, è in pieno fermento. Milan e Juventus, le due ex regine del calcio italiano, arrancano in questo mercato estivo con la grazia di chi cerca di montare una tenda da campeggio durante un temporale, alternando mosse che vorrebbero essere audaci a svarioni che farebbero ridere se non fossero così dolorosamente prevedibili. È un balletto di proclami altisonanti, trattative fumose e sogni che si sgonfiano più in fretta di un palloncino bucato, il tutto condito da un’arroganza manageriale che sembra gridare: “Fidatevi, sappiamo cosa stiamo facendo!”. Spoiler: non è vero, e lo sanno tutti.
Milan: Allegri, Modric e l’arte di rivendere il passato come futuro
Il Milan, reduce da una stagione che sembra il copione di un film catastrofico a basso budget – ottavo posto in Serie A, esclusione dalle coppe europee e un valzer di allenatori che ha fatto sembrare il casting di un reality show più stabile – ha deciso di scommettere sul fascino polveroso della nostalgia, ma quella stantia, come un barattolo di marmellata dimenticato in dispensa. Massimiliano Allegri, il sommo sacerdote del “vincere giocando male è pur sempre vincere”, è stato richiamato a Milanello con un contratto da 5,5 milioni netti l’anno più bonus, come se il problema del Diavolo fosse la mancanza di un déjà-vu da incubo. Allegri, con il suo catenaccio che sembra uscito da un manuale di tattica scritto su pergamena, ha promesso di riportare il Milan in alto, possibilmente senza narcotizzare San Siro al 12° minuto. La sua presentazione, un monotono monologo sul “calcio semplice”, è stata accolta dai tifosi con l’entusiasmo di chi trova un volantino di saldi già scaduti. Eppure, a Casa Milan, l’idea di rispolverare Max sembra un colpo di genio, come se il 2011 fosse dietro l’angolo e non un ricordo sbiadito in una foto ingiallita. Sul mercato, i rossoneri si muovono con la coerenza di un turista che cerca di ordinare un cappuccino in cirillico. Il colpo dell’estate? Luka Modric, 40 anni a settembre, strappato al Real Madrid con un contratto fino al 2026 e un’opzione per un altro anno, perché a quanto pare il Milan crede che l’età sia solo un’opinione e le ginocchia un optional. Modric, con la sua classe eterna e il ritmo di chi passeggia al parco con il nipotino, indosserà la maglia numero 14, un omaggio involontario all’ultimo anno in cui il Milan sembrava avere un progetto degno di questo nome. Non contenti, i rossoneri hanno pescato Samuele Ricci dal Torino per 23 milioni più bonus, un acquisto che sa di “non sappiamo chi prendere, ma questo era in offerta”. E poi c’è la telenovela Dusan Vlahovic, il bomber juventino con il contratto in scadenza nel 2026, che il Milan corteggia con la disperazione di chi manda messaggi a un ex che non risponde. Vlahovic, però, sembra più interessato a prendere il sole che a cambiare maglia. Il Milan insiste, pronto a offrire 25-30 milioni per un giocatore che potrebbe svincolarsi fra un anno, dimostrando una lungimiranza finanziaria che farebbe invidia a un promotore di criptovalute fallimentari. Se Dusan sfuma? Nessun dramma, si parla di Victor Boniface del Bayer Leverkusen, un nome che scalda i cuori dei tifosi e fa tremare il bilancio di Gerry Cardinale, che già immagina di dover vendere un altro pezzo di storia per pareggiare i conti.
Juventus: Tudor, David e il mistero del progetto inesistente
A Torino, sponda Juventus, la situazione è un capolavoro di caos mascherato da strategia, un po’ come cercare di organizzare una cena di gala con gli ingredienti di un discount. Igor Tudor, confermato nonostante un Mondiale per Club che sembrava un’audizione per il ruolo di comparsa in un film di serie B, guida la squadra con l’entusiasmo di chi sa che il suo contratto potrebbe durare meno di un abbonamento a una palestra a gennaio. Il suo mantra? “Squadra aggressiva e compatta”. Traduzione: “Speriamo che qualcuno segni prima che ci accorgiamo di non avere un piano”. Il colpo dell’estate è Jonathan David, svincolato dal Lille, che ha firmato fino al 2030 con uno stipendio che farebbe arrossire un amministratore delegato di una multinazionale. Il canadese, 16 gol in Ligue 1 l’anno scorso, è stato accolto come il salvatore della patria, ma il problema è che la Juventus ha più attaccanti che idee: Vlahovic, Milik (di ritorno da un infortunio che farebbe inviadia ad un reduce del Vietnam) e ora David. Chi gioca? Chi parte? Nessuno lo sa, ma Tudor assicura che “c’è spazio per tutti”, il che suona come la promessa di un ristoratore che ti garantisce un tavolo ma ti fa mangiare in piedi in un angolo. La questione Vlahovic è un rebus degno di un thriller psicologico di quart’ordine. Il serbo, retrocesso nelle gerarchie di Tudor, è valutato 25-30 milioni, ma cederlo ora per evitare di perderlo a zero nel 2026 sembra una decisione troppo logica per la Continassa. Intanto, in difesa si sogna Ronald Araujo del Barcellona, ma i catalani, non hanno intenzione di regalare il loro centrale per meno di 80 milioni, una cifra che la Juventus potrebbe permettersi solo vendendo metà squadra, lo stadio e un paio di trofei della bacheca. E poi c’è Francisco Conceicao, preso dal Porto per portare brio sulle fasce, sempre che non finisca in panchina a twittare la sua frustrazione insieme a Weston McKennie, di nuovo sul mercato come un mobile IKEA rigato in saldo. A orchestrare il tutto c’è Damien Comolli, nuovo direttore generale, che ha ereditato da Cristiano Giuntoli una squadra che sembra un puzzle con pezzi di scatole diverse. La strategia? Comprare, vendere, rinnovare, prestare, tutto contemporaneamente, come se la Juventus stesse partecipando a un reality show sulla gestione del caos, con il pubblico che vota per l’eliminazione del buon senso.
Il duello delle maglie e delle ambizioni (sbiadite)
Milan e Juventus si sfideranno il 5 ottobre 2025 in Serie A, un match che già promette scintille, o più probabilmente un pareggio noioso che farà rimpiangere i tempi di Van Basten e Del Piero. I rossoneri sfoggeranno una nuova maglia con strisce rossonere e fiamme che sembrano urlare “guardateci, siamo audaci!”, ma che in realtà ricordano il logo di un energy drink da discount. La Juventus risponde con una terza maglia nera e vaniglia, un omaggio ai vigneti piemontesi che sembra pensato più per vendere merchandising che per ispirare i tifosi. Sul mercato, però, il duello è più serio: il Milan cerca di ricostruire una squadra competitiva senza spendere come il Manchester City, mentre la Juventus prova a bilanciare i conti senza perdere l’anima (o quel che ne resta). Allegri punta sulla solidità, che i critici chiamano noia mortale; Tudor sull’aggressività, che i detrattori chiamano confusione organizzata. Entrambe hanno tifosi che sognano lo Scudetto, ma il Napoli di Antonio Conte e l’Inter di Cristian Chivu sono già due passi avanti, mentre Milan e Juventus sembrano inseguire un tram che è partito senza di loro, lasciandoli a litigare sul marciapiede.
Un mercato da sitcom senza lieto fine
Il calciomercato di Milan e Juventus è un’esplosione di ambizioni mal calibrate, scelte discutibili e promesse che puzzano di déjà-vu come un vecchio maglione tirato fuori dall’armadio. Il Milan si affida a vecchie glorie come Allegri e Modric, sperando che il passato possa mascherare un presente incerto e un futuro che sembra scritto con una penna scarica. La Juventus, con Tudor e un attacco che sembra il casting di un film senza copione, oscilla tra colpi di scena e autogol, con una strategia che sembra improvvisata come un discorso di fine anno scritto cinque minuti prima della mezzanotte. Fino al 1° settembre, ogni giorno porterà una nuova indiscrezione, un nuovo “colpo” che farà gridare al miracolo o un’ennesima delusione che manderà i tifosi a sfogarsi sui soliti social, dove le discussioni su Vlahovic, Osimhen e il ritorno di Zlatan come dirigente (sì, si parla anche di questo) sono più accese di un derby. Perché, in fondo, il calciomercato non è solo una questione di contratti e bilanci: è una sitcom dove i protagonisti sbagliano sempre la battuta finale, lasciando il pubblico a chiedersi se sia meglio ridere o spegnere la TV. E mentre Napoli e Inter si preparano a dominare, Milan e Juventus continuano a danzare nel loro bazar di illusioni, convinte che il prossimo acquisto sarà quello decisivo, che il prossimo allenatore sarà quello giusto, che il prossimo anno sarà finalmente quello del riscatto.
