La Fiorentina è tornata, e con lei il suo talento unico per trasformare ogni estate in un’odissea di aspettative gonfiate come palloncini pronti a scoppiare. Siamo a Luglio e il calciomercato è sempre più un circo senza trapezisti, dove la Viola si esibisce nel numero preferito: promettere mari e monti per poi consegnare un secchiello e una paletta. Dopo una stagione che ha fatto sembrare un picnic sotto la pioggia un evento mondano, la squadra si ripresenta con un allenatore riesumato, una rosa che sembra assemblata con i pezzi avanzati di un puzzle e obiettivi che paiono scritti con la penna dell’ottimismo cieco.
Calciomercato: La Sagra delle Promesse Rotte
Il calciomercato della Fiorentina è come un mercatino delle pulci: ti illudi di trovare un tesoro, ma torni a casa con un vaso crepato. La mossa da maestro? Il ritorno di Stefano Pioli, il tecnico che ha già scaldato la panchina viola dal 2017 al 2019, prima di fare il globetrotter tra Milan e Al-Nassr. Il suo rientro a Firenze è stato accolto con l’entusiasmo di chi ritrova un vecchio maglione: caldo, familiare, ma con qualche buco di troppo. La dirigenza lo spaccia come il condottiero che riporterà la Viola ai fasti, ma a Firenze i condottieri spesso finiscono per guidare l’esercito sbagliato.
Sul fronte acquisti, ecco il colpo da novanta: Edin Dzeko, 39 anni e un’anagrafe che urla “pensione” più forte di un megafono. Svincolato dal Fenerbahce, il bosniaco arriva gratis, con la dirigenza che lo vende come il Messia del gol. Certo, ha ancora l’istinto del bomber, ma aspettarsi che trascini l’attacco è come chiedere a una Panda del ’92 di vincere la Formula 1. Poi c’è Sebastiano Esposito, seconda punta dell’Inter, classe 2002, che potrebbe arrivare per 6-7 milioni più bonus, anche se in queste ore, c’è da registrare un forte interesse del Cagliari per lui. Un talento che luccica come una stellina di Natale, ma a Firenze le stelline spesso si spengono prima di Capodanno. L’Inter, con il contratto in scadenza nel 2026, sembra pronta a scaricarlo con la velocità di chi butta la spazzatura prima che puzzi.
Non basta? Ecco Mattia Viti, difensore toscano di ritorno dal Nizza in prestito con diritto di riscatto a 5 milioni. Un’operazione che sa di “ritorniamo alle origini”, ma che puzza di scommessa persa in partenza. Sarà un rinforzo o l’ennesimo nome da aggiungere alla lista dei “chi era costui”? Intanto, la lista degli esuberi è lunga come un papiro egizio: Christensen, Moreno, Lucchesi, Valentini, Amatucci, Infantino, Sabiri, Brekalo, Ikonè, Sottil e Nzola. Una collezione di flop che la dirigenza cerca di rifilare a qualcuno con la disperazione di chi vende enciclopedie porta a porta. Rolando Mandragora, invece, è nel mirino del Betis: rinnoverà o saluterà? A Firenze, le decisioni si prendono con la rapidità di un bradipo che fa yoga.
Tattica di Pioli: Un Sogno Che Sa di Deja-vu
Pioli torna con il suo 4-2-3-1, un modulo che sulla carta promette calcio spumeggiante ma che a Firenze rischia di sembrare un prosecco andato a male. Nella sua prima avventura viola, il tecnico alternava momenti di gloria a crolli improvvisi, tipo un castello di sabbia travolto dall’onda. Ora, forte dell’esperienza milanese e di una vacanza saudita che deve avergli insegnato l’arte della pazienza, Pioli vuole trasformare la Viola in una squadra che non si sbricioli al primo soffio di vento. Ma con questa rosa, la missione è più ardua che insegnare a un gatto a riportare la pallina.
In attacco, Dzeko sarà il totem, ma con le gambe di chi ha più primavere che un giardino botanico. Esposito, se arriva, dovrebbe portare velocità, ma il rischio è che finisca inghiottito dal buco nero del Franchi, dove i giovani talenti svaniscono come le penne in un ufficio. A centrocampo, la caccia al regista è un’epopea degna di Omero: Adrian Bernabé del Parma era il nome caldo, ma la trattativa si è arenata come una nave su uno scoglio. Alternative? Frendrup del Genoa o McAtee del Manchester City, che però sembrano più miraggi da fantacalcio che opzioni reali.
In difesa, Viti si aggiunge a un reparto che l’anno scorso sembrava un colabrodo con l’ambizione di diventare un setaccio. Pioli dovrà fare i salti mortali per rendere la retroguardia più solida di un bunker, ma con questi mattoni il risultato rischia di essere una baracca da spiaggia. Il “calcio propositivo” di Pioli è un bel quadretto, ma a Firenze i quadretti finiscono spesso appesi storti.
Obiettivi: Sognare l’Impossibile, Cadere nel Solito
Dopo una stagione che ha visto la Fiorentina finire 6ª in Serie A e prendere una batosta in Conference League dal Betis, gli obiettivi sono chiari come una nebbia padana: tornare in Europa. Quella che conta davvero. La Champions League? Un’utopia che richiede un cannocchiale per essere intravista. Più realistico puntare all’Europa League, con la Coppa Italia come trofeo di consolazione per una tifoseria che ormai sogna in bianco e nero. La Conference League, che per la Viola è diventata un abbonamento fisso come Netflix, resta un piano B, ma nominarla è come evocare un demone in curva Fiesole.
C’è poi l’obiettivo di valorizzare i giovani. Pioli, che coi talenti ha un certo fiuto, potrebbe trasformare Esposito e Viti in perle, ma a Firenze i giovani spesso finiscono come i buoni sconto: belli sulla carta, ma scaduti prima di usarli. Servirà pazienza, una virtù che a Firenze è più rara di un gol al primo tiro. La squadra vuole competere, ma senza rinforzi veri il rischio è di ritrovarsi a lottare per un posto tra le prime otto, con i tifosi che sognano la Champions e la dirigenza che prega per evitare l’ennesima figuraccia.
La Viola e il Suo Eterno “Quasi”
La Fiorentina è un cantiere aperto, con Pioli che gioca a fare l’ingegnere con i materiali di un discount. Il calciomercato ha portato nomi che fanno alzare un sopracciglio, ma manca quel colpo capace di far battere il cuore più di un elettrocardiogramma. Gli obiettivi sono ambiziosi come un adolescente che vuole fare il miliardario, ma la realtà è che la Viola rischia di restare intrappolata nel suo eterno “quasi”: quasi competitiva, quasi europea, quasi memorabile. I tifosi, armati di una passione che sfida la logica e di un cinismo affilato come un coltello da bistecca, sono pronti a sostenere la squadra, ma con un ghigno che dice: “Tanto lo sappiamo come va a finire”.
Insomma, la Fiorentina è come un libro che promette un finale epico ma si chiude con un “to be continued”. Sarà l’anno della svolta o l’ennesima stagione di “potevamo fare meglio”? Come direbbe un fiorentino davanti a una ribollita fredda: “Tira avanti e spera, che tanto il peggio è sempre dietro l’angolo”.
