Fiorentina 2024-2025: Un’Odissea Viola nel Regno del “Quasi”

La stagione della Viola è stata un capolavoro di aspettative gonfiate come un palloncino, solo per essere bucate con la precisione di un cecchino. Eliminati dalla Coppa Italia più veloci di un turista che scappa da un ristorante sovraprezzato in Piazza della Signoria, e fermati in semifinale di Conference League come un autobus guasto a una fermata dal capolinea. Preparatevi, perché qui si sviscerano gli alti (rari come un parcheggio libero a Firenze), i bassi (abbondanti come le code alla Galleria degli Uffizi) sparsi come se fossero pecorino su un piatto di pici al ragù.


Coppa Italia: Un Flop da Standing Ovation
Iniziamo dalla Coppa Italia, o meglio, dal cameo della Fiorentina in quella che avrebbe dovuto essere una competizione gloriosa e invece è durata meno di un aperitivo al bar. I viola sono entrati in scena con l’entusiasmo di chi si aspetta un red carpet e sono usciti con la dignità di chi ha dimenticato le battute a uno spettacolo di cabaret. Agli ottavi, contro l’Empoli – sì, l’Empoli, quello che in teoria dovrebbe essere il vicino di casa che ti presta lo zucchero, non il tuo carnefice – la Fiorentina ha messo in scena una performance degna di un film horror di serie B. La trama? Crei occasioni, sbagli tutto, ti fai infilare da un contropiede che sembrava coreografato da un allenatore di calcetto dopo tre spritz, e torni a casa con la coda tra le gambe.
La difesa viola, che sulla carta dovrebbe essere più solida di un ponte medievale, si è sbriciolata come un biscotto di Prato inzuppato nel Vin Santo. E l’attacco? Oh, l’attacco ha avuto la mira di un turista che cerca di lanciare una monetina nella Fontana del Porcellino senza colpire qualcuno. La Coppa Italia è stata per la Fiorentina un “grazie per la partecipazione”. Bologna e Milan si sono giocate la finale, mentre i viola? Loro erano già a casa, a riguardare vecchie foto di Batistuta per consolarsi.


Conference League: La Semifinale dei Sogni Infranti (Tanto per Cambiare)
Passiamo alla Conference League, il palcoscenico dove la Fiorentina sperava di riscrivere la sua storia europea dopo le finali perse nel 2023 e 2024, che ormai sono un po’ come quelle storie di fantasmi che i tifosi si raccontano per spaventarsi a vicenda. I viola sono arrivati fino alle semifinali, il che è un po’ come dire che sei quasi arrivato in cima all’Everest ma poi hai deciso di fermarti per un selfie e sei scivolato giù. La fase a gironi, con avversari come Lask, Apoel e Vitoria Guimaraes, è stata superata con un terzo posto che non vincerà premi per lo stile, ma almeno ha garantito un biglietto per gli ottavi. Panathinaikos e NK Celje sono stati spazzati via con una certa baldanza, e per un nanosecondo i tifosi hanno pensato: “E se fosse la volta buona?”. Cari miei, il destino ha risposto con una risata fragorosa.
Arriva il Real Betis, una squadra che in teoria non dovrebbe farti tremare le gambe, ma che in semifinale si è trasformata in una versione calcistica di un boss da videogioco. All’andata, la Fiorentina incassa una sconfitta che sa di schiaffo morale. Al ritorno, al Franchi, i viola ci provano, rimontano parzialmente, ma finiscono con un 2-2 che è l’equivalente di un “partecipa anche tu al nostro prossimo fallimento”. Il Betis va a Breslavia per la finale, la Fiorentina torna a casa a contemplare l’ennesima medaglia di legno. È come se il calcio europeo avesse mandato un messaggio WhatsApp ai viola: “Siete carini, ma non abbastanza. Ci vediamo l’anno prossimo, forse”.


Alti: I Rari Momenti in cui Abbiamo Creduto al Miracolo
Non che sia stato tutto un disastro, sia chiaro. La Fiorentina ha avuto i suoi momenti di gloria, come quei giorni in cui trovi un tavolo libero in trattoria senza prenotazione. In Conference League, le vittorie contro Panathinaikos e Celje hanno fatto vedere una squadra capace di brillare quando l’avversario non è un drago sputafuoco. Kean ha tirato fuori un paio di gol da standing ovation, e Gudmundsonn, beh, ogni tanto ha ricordato a tutti che sa ancora dove sia la porta. In campionato, la Viola ha galleggiato nella zona ‘del quasi ma grazie di averci provato”, non proprio un’ode alla grandeur, ma almeno non un’umiliazione. Qualche vittoria qua e là, qualche pareggio che sa di occasione sprecata.
Raffaele Palladino, il nuovo condottiero subentrato a Italiano, ha provato a portare un po’ di pepe tattico con un 4-2-3-1 che a tratti sembrava un omaggio al calcio champagne. Peccato che spesso il champagne si sia trasformato in prosecco scadente.  La squadra ha provato a giocare un calcio propositivo, con un possesso palla che era molto lontano dall’essere un omaggio al tiki-taka. Ma, come direbbe un tifoso viola con un bicchiere di Chianti in mano, “bello il possesso, ma se non segni, è come ballare senza musica”.


Bassi: Un Abisso di Errori
E ora, i bassi. Preparate i fazzoletti, perché qui si ride per non piangere. La stagione  della Fiorentina è stata una collezione di errori che neanche un comico alle prime armi saprebbe replicare. In Coppa Italia, la mancanza di cinismo sotto porta è stata così clamorosa che sembrava una performance artistica intitolata “Come Sbagliare Tutto il Possibile”. Crei, tiri, sbagli, e poi ti fai punire da un gol che neanche un bambino al campetto avrebbe concesso. In Conference League, la semifinale contro il Betis ha messo in mostra una squadra che, quando il gioco si fa duro, si scioglie come un gelato lasciato sul cruscotto di una Panda a Ferragosto.
La difesa viola, che dovrebbe essere il baluardo di una squadra seria, ha avuto blackout degni di una città colpita da un temporale estivo. I centrocampisti? Talento sì, ma cattiveria zero, come se stessero giocando a Monopoli invece che a calcio. E l’attacco? Oh, l’attacco è stato un’ode alla dipendenza da Kean: quando lui non girava, la squadra sembrava un’orchestra senza direttore, che suona note a caso sperando in un miracolo. Spoiler: i miracoli erano in ferie.

La Fiorentina è come quell’amico che ti invita a una festa pazzesca e poi ti ritrovi in un karaoke con tre persone e un microfono rotto. Ogni anno, i tifosi sognano la coppa, l’exploit europeo, il ritorno ai fasti di un tempo, e ogni anno la realtà li colpisce con la precisione di un cameriere che ti versa il vino rosso sulla camicia bianca. La semifinale persa contro il Betis è solo l’ultimo capitolo di una saga che potrebbe intitolarsi “Fiorentina: Sempre a un Passo dal Paradiso, Sempre in Coda per l’Inferno”.
Eppure, c’è qualcosa di gloriosamente tragico in questo eterno inseguire un sogno che svanisce all’ultimo. I tifosi viola, con il loro amore che rasenta il martirio, continueranno a riempire il Franchi, a cantare sotto la pioggia, a sperare che il prossimo anno sia quello buono. Perché essere tifosi della Fiorentina non è solo tifo: è un mix di fede cieca e la capacità di ridere di sé stessi mentre il destino ti fa l’ennesimo sgambetto.


Ridere, Sognare, Aspettare (Ancora)
In conclusione, possiamo affermare che quello della Fiorentina è stata un viaggio in una giostra che si è rotta a metà giro. La Coppa Italia è stata un flirt finito prima di cominciare, la Conference League un sogno spezzato con la crudeltà di un reality show. Gli alti sono stati timidi lampi in un cielo plumbeo, i bassi una sinfonia di errori che neanche un regista di commedie nere avrebbe saputo scrivere meglio. Ma la Viola resta la Viola: una squadra che ti fa arrabbiare, ti strappa il cuore, ma ti tiene lì, incollato, con un sorriso sardonico e la speranza che non muore mai.
Quindi, cari tifosi, prendete un respiro profondo, versatevi un bicchiere di Chianti (o due, ne avrete bisogno). La Fiorentina tornerà, magari con la solita goffaggine, magari con un altro “quasi”, ma tornerà. E voi sarete lì, con la sciarpa al collo e un ghigno che dice: “Ci ricascheremo, ma che bello farlo”. Perché, in fondo, essere viola è anche questo: ridere delle delusioni, sognare l’impossibile e non smettere mai di sperare.

Lascia un commento

search previous next tag category expand menu location phone mail time cart zoom edit close