Lo stadio Artemio Franchi si è vestito a festa, con ventimila cuori viola pronti a spingere la squadra verso la terza finale consecutiva di quella competizione che, diciamolo, è un po’ come il torneo di calcetto tra amici: tutti lo giocano, ma solo uno alza la coppa. E, spoiler alert, non sarà la Fiorentina. Il Betis Siviglia, con quel ghigno da squadra che sa di averla scampata, ha pareggiato 2-2 al Franchi, sfruttando il 2-1 dell’andata e un gol di Ezzalzouli nei supplementari che ha mandato in frantumi i sogni viola.
Atto primo: la Viola ci crede, ma il Betis ha altri piani
La Fiorentina di Raffaele Palladino arriva al ritorno della semifinale con la consapevolezza di chi sa che rimontare un 2-1 non è impossibile, ma nemmeno come bere un bicchier d’acqua. All’andata, a Siviglia, i viola avevano preso due schiaffi (Ezzalzouli e Antony) ma erano riusciti a tornare a casa con un gol di Ranieri, quel difensore che sembra sempre sul punto di risolvere i problemi del mondo con un tackle o un diagonale. Al Franchi, il copione sembra scritto: pressing alto, tifo infernale e Moise Kean, l’uomo che quando entra in campo trasforma la Viola da squadra normale a qualcosa che somiglia vagamente ad una squadra vera. Peccato che il calcio non sia una sceneggiatura di Hollywood.
Il Betis, guidato da quel volpone di Manuel Pellegrini, si presenta a Firenze con l’aria di chi sa che basta un pareggio per volare in finale. E, diciamolo, gli spagnoli hanno un roster che sembra uscito da un mercatino delle pulci di lusso: Isco, che alterna giocate da Pallone d’Oro a momenti in cui sembra pensare alla paella; Antony, il brasiliano che ogni tanto tira fuori un gol da antologia e poi sparisce; e Bakambu, che in Conference League ha segnato più gol di quanti ne abbia mai sognati in carriera. La Viola, invece, schiera il solito 3-5-2 con De Gea in porta, Gosens che corre come se fosse inseguito da un branco di lupi e Kean pronto a fare a sportellate con chiunque.
Atto secondo: Gosens, l’eroe che non ti aspetti
Il primo tempo è un’altalena di emozioni, con la Fiorentina che ci prova ma sbatte contro un Betis che gioca con la calma di chi sa che il tempo è dalla sua parte. Poi, al 30’, il dramma: Antony, quel brasiliano che sembra sempre a un passo dal tornare a vendere cocco sulla spiaggia di Copacabana, tira fuori una punizione che si infila sotto l’incrocio. 0-1, e il Franchi ammutolisce. Ma la Viola non è tipo da arrendersi, e quattro minuti dopo ecco Robin Gosens, l’esterno tedesco che sembra uscito da un film di Tarantino: cross di Mandragora, colpo di testa e 1-1. Il pubblico esplode, e qualcuno giura di aver visto Dante Alighieri applaudire dalla curva Ferrovia.
Non contenti, i viola ci riprovano. Al 42’, ancora Gosens, ancora di testa, ancora su un cross perfetto. 2-1, e ora il Franchi è un vulcano. La rimonta sembra possibile, e Palladino in panchina si agita come se avesse bevuto sei espressi di fila. Ma il calcio, si sa, è crudele. Il Betis non si scompone, e il secondo tempo diventa una battaglia di nervi, con la Fiorentina che spinge ma manca di quella lucidità che servirebbe per chiudere il discorso. Kean si danna, Mandragora spara alto, e De Gea salva su un colpo di testa di Natan che sembrava destinato a rovinare la serata.
Atto terzo: i supplementari e la beffa finale
Si va ai supplementari, e qui la Fiorentina comincia a mostrare i segni della fatica. Palladino butta dentro Zaniolo e Colpani, ma il copione non cambia: i viola attaccano, il Betis si difende e riparte. Al 97’, la pugnalata: Aitor Ruibal, che fino a quel momento sembrava più un comparsa che un protagonista, serve un pallone ad Antony, che a sua volta trova Ezzalzouli. Il marocchino, da due passi, batte De Gea e fa 2-2. Il Franchi piomba nel silenzio, e i 1500 tifosi spagnoli in trasferta iniziano a cantare come se avessero già vinto la coppa.
La Fiorentina ci prova ancora, ma è come un pugile che tira colpi a vuoto negli ultimi round. Beltran spara debole, Folorunsho colpisce di testa ma non inquadra la porta, e Kean viene chiuso da un Natan in versione gladiatore. Al fischio finale, il 2-2 premia il Betis, che vola in finale contro il Chelsea di Maresca, mentre la Viola resta a leccarsi le ferite.
Firenze, il tuo destino è scritto?
E così, per il terzo anno consecutivo, la Fiorentina vede sfumare il sogno Conference League. Dopo le finali perse contro West Ham e Olympiacos, questa eliminazione in semifinale brucia forse ancora di più, perché la finale sembrava davvero a portata di mano. Gosens, con la sua doppietta, è stato l’eroe tragico di una serata che avrebbe potuto essere epica. Kean ha fatto il suo, ma non è bastato. E Palladino, che pure ha dato un’identità a questa squadra, dovrà ora spiegare ai tifosi come sia possibile che la Viola, ancora una volta, sia arrivata a un passo dal paradiso per poi cadere all’inferno.
Il Betis, dal canto suo, ringrazia e se la ride. Gli spagnoli, con quel mix di cinismo e qualità, hanno dimostrato che in Europa non serve essere belli, ma basta essere efficaci. Ezzalzouli, Antony e compagnia possono ora sognare la coppa, mentre Firenze si interroga sul suo destino. È una maledizione? È sfortuna? O è semplicemente che, in Conference League, la Fiorentina è destinata a essere la squadra che fa sognare ma non vince mai?
Mentre i tifosi viola applaudono i giocatori sotto la curva, con quel misto di orgoglio e amarezza che solo chi tifa Fiorentina può capire, una cosa è certa: questa squadra ha cuore, ma le manca quel pizzico di cinismo che trasforma i sogni in realtà. E se Dante fosse davvero stato in curva, probabilmente avrebbe scritto un canto dell’Inferno dedicato a quel gol di Ezzalzouli. Ma, tranquilli, c’è sempre la prossima stagione. O no?
