Inter, il Bayern preso a schiaffi con eleganza: 2-1 e un arrivederci al ritorno

L’Allianz Arena, quel santuario teutonico che sembra un’astronave pronta a sparare gol a raffica, si ritrova improvvisamente muta, come un jukebox a cui hanno staccato la spina. L’Inter di Simone Inzaghi, con la strafottenza di chi si presenta a un gala in jeans ma con un Rolex al polso, ha appena rifilato un 2-1 al Bayern Monaco nell’andata dei quarti di Champions League. E lo ha fatto con una prestazione che è un mix di grinta operaia, astuzia da scassinatore e quel pizzico di “cul” che i francesi invidiano e noi italiani chiamiamo semplicemente “fortuna meritata”. Non è stata solo una vittoria: è stato un ceffone sonoro a chi pensava che i nerazzurri in Europa fossero solo un simpatico riempitivo tra i colossi.
Facciamo un passo indietro, che qui c’è da ricostruire una serata epica. Il Bayern si presenta con il solito curriculum da schiacciasassi: 58% di possesso palla, 20 tiri (7 nello specchio, perché gli altri probabilmente sono finiti a rimbalzare sui chioschi di würstel fuori dallo stadio), e un Harry Kane che, quando vede nerazzurro, si trasforma in un cyborg programmato per distruggere. Dall’altra parte, l’Inter: 42% di possesso, 10 tiri (4 in porta, perché è meglio non sparare a casaccio), e una faccia tosta che farebbe invidia a un venditore di pentole porta a porta. Vincent Kompany, il belloccio prestato alla panchina bavarese, ostenta sicurezza come se stesse girando uno spot per uno shampoo anticaduta, ma Inzaghi, con quel ghigno da “so già come finirà”, lo guarda come si guarda un pivello che crede di saper giocare a poker.
Il primo tempo è una danza tattica, ma con qualche passo falso degno di chi alza troppo il gomito al ballo di fine anno. Al 38’ arriva il momento che fa sobbalzare i divani di mezza Milano: Sommer, che ormai è un portiere da fumetto Marvel, lancia un pallone che sembra dire “arrangiatevi”, Thuram fa la sponda con la grazia di un elefante in cristalleria, e Lautaro Martinez, il Toro che non perdona, salta Min-jae Kim come se fosse un birillo dimenticato in mezzo alla strada. Destro secco, Urbig battuto, 1-0. L’Allianz Arena si ammutolisce, i tifosi tedeschi si scambiano sguardi tipo “ma chi sono questi?”, e Inzaghi fa quel sorrisetto da “ve l’avevo detto, idioti”. Kane, nel frattempo, si mangia un gol  che persino mia nonna con l’artrite avrebbe segnato, e Olise, il più vivace dei bavaresi, corre come un forsennato ma conclude come un turista che cerca un ristorante aperto a Ferragosto.
La ripresa è un altro film, e non proprio un capolavoro di Fellini. Il Bayern rientra con la bava alla bocca – letteralmente, perché Kane sembra un lupo mannaro sotto la luna piena – e al 85’ pareggia. Thomas Müller, entrato dalla panchina come un vecchio zio che arriva al pranzo di Natale con un regalo inaspettato, approfitta di una dormita di Pavard (ex di turno, ovviamente, perché il karma è una bestia crudele) e fa 1-1 con un tap-in che è più un insulto alla difesa che un gol vero e proprio. L’Allianz esplode, Kompany si pavoneggia come se avesse appena inventato il calcio, e i tifosi interisti iniziano a mordersi le unghie pensando al solito copione da “pareggio onorevole”. Ma non stavolta, cari miei.
Inzaghi, che dalla panchina sembra un incrocio tra un direttore d’orchestra e un domatore di leoni, non si scompone. All’88’ tira fuori il coniglio dal cilindro: Frattesi, entrato da poco al posto di un Mkhitaryan esausto, riceve un pallone da Carlos Augusto – uno che corre come se fosse inseguito da un esattore delle tasse – e con un sinistro al vetriolo trafigge Urbig sul primo palo. 2-1. Silenzio tombale a Monaco, mentre a Milano partono caroselli che manco fosse il 2010. Gli ultimi minuti sono un assedio bavarese  ma Sommer para tutto, persino i fischi dei tifosi avversari. Darmian si immola come un kamikaze, Barella corre fino a consumarsi le suole, e Bastoni dietro sembra un generale romano che difende il forte. Finisce così, con l’Inter che si porta a casa un risultato che pesa come un macigno. Ora, non facciamoci illusioni: il ritorno a San Siro il 16 aprile sarà una guerra, e il Bayern non è certo un avversario che si arrende come un turista che perde l’ombrellone in spiaggia. Ma questa Inter ha dimostrato di avere gli attributi, e pure un bel po’ di stile nel metterli in mostra. Lautaro è il solito killer silenzioso, Frattesi il guastafeste che nessuno si aspetta, e Inzaghi il regista di un film che per ora ha un lieto fine. Si tratta di un successo che rafforza la consapevolezza nei propri mezzi e che proietta i nerazzurri verso il ritorno con un vantaggio prezioso, seppur minimo. Ora spetta ai tifosi e alla squadra trasformare San Siro in un fortino inespugnabile, pronti a completare un’impresa che, per il momento, resta solo abbozzata. Il cammino è ancora lungo, ma questa vittoria è un segnale chiaro: l’Inter c’è, e vuole giocarsela fino in fondo.

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