Siamo arrivati a quel momento della stagione in cui ogni partita inizia a pesare e a raccontare qualcosa di più sulle ambizioni delle squadre. Roma-Juventus e Bologna-Napoli sono stati gli incontri sotto i riflettori: scontri dal sapore diverso, ma accomunati da intensità e da un equilibrio che tiene vivo il racconto del nostro calcio.
Due partite che sulla carta promettevano fuochi d’artificio e invece ci hanno servito un menù fatto di gol, pareggi e la classica sensazione di “beh, poteva andare peggio”.
Roma-Juventus:
All’Olimpico, Roma e Juventus si sono date battaglia come due vecchietti che litigano per l’ultimo posto al sole sulla panchina del parco. Finisce 1-1, perché in Italia il pareggio è come la pasta al dente: un classico che non tradisce mai, anche se ti lascia con la fame. La Roma di Claudio Ranieri, il nonno che torna sempre a salvare i mobili come un idraulico in pensione richiamato per un tubo rotto, schiera una squadra che sembra dire: “Teniamo botta, che poi c’è la lasagna della nonna”. La Juventus di Igor Tudor, invece, è un circo itinerante: un allenatore che sembra uscito da un film di Kusturica, una rosa che potrebbe dominare il mondo ma preferisce passeggiare come se fosse a un mercatino delle pulci.
Il primo tempo: 45 minuti di passaggi e contrasti molli, con i tifosi che iniziano a rimpiangere i tempi in cui Totti e Del Piero risolvevano tutto con una magia. Poi, al 40’, succede l’impensabile: Manuel Locatelli, il “ragioniere” bianconero che di solito passa la palla con l’entusiasmo di un impiegato al catasto, tira fuori un destro da fuori area che sembra un missile terra-aria. 0-1, e gli juventini esultano come se avessero vinto la lotteria, mentre i romanisti si guardano chiedendosi: “Ma chi l’ha lasciato tirare?”. Il tabellino parla chiaro: un golazo che nessuno si aspettava, neanche la mamma di Locatelli.
Ma tranquilli, la Roma non è tipo da mollare senza far danni. Al 49’, appena rientrati dagli spogliatoi, Eldor Shomurodov – sì, proprio lui, l’eterno panchinaro che sembrava destinato a segnare solo nei tornei di calcetto aziendali – pareggia con un gol che è un misto di fortuna sfacciata e “tanto ormai è andata”. Cross dalla destra, deviazione goffa e palla in rete: 1-1, e l’Olimpico esplode come se avessero appena trovato il Graal sotto la Curva Sud. Da lì in poi, il nulla: la Juve ci prova con qualche sprazzo di Nico González (che però si lamenta di un colpo proibito di Cristante, probabilmente un’occhiata storta), la Roma risponde con la grinta di chi sa che un punto è meglio di zero. Finisce così, con un pareggio che sa di minestrina tiepida: tutti contenti, ma nessuno davvero soddisfatto.
Bologna-Napoli:
Passiamo al Dall’Ara, dove Bologna e Napoli mettono in scena una partita che sembra un thriller girato con il budget di un corto amatoriale. Finisce 1-1, perché il pareggio è il nostro karma e noi italiani lo accettiamo come si accetta un aumento delle bollette. Il Napoli di Antonio Conte parte come un toro infuriato: al 18’ Zambo Anguissa si inventa un gol da antologia, un misto di potenza bruta e “scusate, mi è scappata la palla”. Dribbling secco, tiro a giro e 0-1: i partenopei sognano di accorciare sull’Inter, i tifosi già immaginano Conte che urla “vi amo” dal balcone. Il tabellino è implacabile: un gol da standing ovation, roba da far invidia a Maradona in un giorno buono.
Ma il Bologna di Vincenzo Italiano, l’uomo che sembra un poeta maledetto prestato al calcio, non ci sta a fare la comparsa. Nella ripresa, al 64’, Joshua Ndoye pareggia con un colpo di tacco che è un insulto alla decenza: un gesto tecnico da far svenire i puristi, un “ciao, vi faccio vedere io” che manda in tilt i napoletani. 1-1, e da lì inizia il festival del “quasi”: Il Bologna attacca come se fosse l’ultima spiaggia, tanto che al 91’ Castro, l’enfant prodige argentino, si mangia letteralmente il gol della vittoria; il Napoli si difende con l’ordine di un plotone svizzero, ma niente da fare, il tabellino si ferma lì: un gol per parte, e tutti a casa con la sensazione di aver visto un film con un gran trailer ma un finale scritto col pennarello scarico.
E così, la 31ª giornata ci regala un Napoli che non sa approfittare del passo falso dell’Inter capolista a Parma (Conte, comprati un santino!), una Juventus che vive di fiammate ma poi si spegne come un cerino al vento, una Roma che sopravvive e un Bologna che è la sorpresa che non ti aspetti, tipo un regalo di Natale utile per una volta. L’Inter, lassù in vetta, si gode lo spettacolo come un gatto che guarda i topi azzuffarsi, mentre i tifosi restano qui, a ridere e a disperarsi davanti a questo circo chiamato Serie A.
Perché il calcio italiano è questo: un eterno “vorrei ma non posso”, un mix di genio, follia e pareggi che sembrano usciti da un generatore casuale. E noi? Continuiamo a guardarlo, come si guarda un parente che fa figuracce al matrimonio: con affetto, un po’ di vergogna e la certezza che la prossima volta sarà uguale. Appuntamento al prossimo weekend, con la promessa di altre polemiche da bar e la solita, irresistibile, tragicomica bellezza del nostro pallone.
