Firenze, culla di bellezza e di una Fiorentina che da troppo tempo sembra specializzata nel collezionare medaglie d’argento e pacche sulle spalle. Ottavo posto in Serie A, una manciata di punti che non fanno urlare al prodigio, ma sufficienti a tenere viva una fiammella di speranza in una piazza abituata a sognare in grande e cadere in basso. E qui entra in scena Raffaele Palladino, il tecnico con l’aria da impiegato modello e la testardaggine di chi pensa che il calcio si possa vincere anche senza un budget da emiro. La missione? Portare la Viola in Europa e, già che c’è, alzare quella benedetta Conference League che finora è stata solo un miraggio crudele. Un’impresa da far tremare i polsi, ma a Firenze il confine tra utopia e realtà è sottile come una sfoglia di pasta.
Palladino, il pragmatico che piace ai romantici
Quando Palladino ha messo piede al Franchi, qualcuno avrà pensato che fosse un errore di casting. Niente aura da santone, niente trofei da sbandierare, solo un passato a Monza e un 3-5-1-1 che sembra disegnato con il righello su un foglio a quadretti. Eppure, questo geometra del pallone ha preso una Fiorentina abituata a galleggiare tra rimpianti e illusioni e l’ha trasformata in una squadra che, ogni tanto, porta a casa i tre punti. Non è il calcio che fa girare la testa, sia chiaro: più che a Pep Guardiola, il suo stile ricorda un buon ragioniere che tiene i conti in ordine. Ma funziona. La Viola vince, non sempre convince, eppure si ritrova a inseguire un posto in Europa con la tenacia di chi sa che il destino, prima o poi, deve pur girare dalla parte giusta. Palladino non promette la luna, ma consegna risultati. E in una città che vive di poesia e delusioni, già questo è un mezzo poema.
Moise Kean, il riscatto con il sorriso beffardo
Poi c’è Moise Kean, il pacco postale spedito dalla Juventus con tanto di “non ritirare” scritto sopra. A Firenze, però, l’hanno aperto lo stesso, e dentro ci hanno trovato un bomber che sembrava sparito dai radar. Sedici gol in campionato, numeri che zittiscono chi lo dava per finito e fanno arrossire chi lo scambiava per un eterno incompiuto. Kean segna, corre, lotta, e ogni tanto si concede un dribbling inutile che sembra un omaggio a un calcetto tra amici. Ma poi la butta dentro, e il Franchi esplode come se avesse segnato Batistuta. Da bidone a trascinatore, una parabola che sa di rivincita e che piace a una tifoseria abituata a coccolare i suoi eroi improbabili. Moise, che sogna di diventare a Firenze un fenomeno da copertina, è diventato il simbolo di una Viola che non molla. E tanto basta.
Ottavi, ma con un occhio alla classifica che conta
La realtà, quella dei numeri, dice ottavo posto. Non proprio un trono, ma nemmeno la cantina della Serie A. Sopra, le big si spartiscono i posti al sole, mentre la Fiorentina scruta il sesto o settimo posto come un turista guarda la Torre di Pisa: vicina, ma non abbastanza da toccarla. Due, tre punti da recuperare, forse di più se le rivali decidono di non inciampare. Palladino, con quel suo fare da “un passo alla volta”, sa che ogni partita è una battaglia, e la Viola non è certo famosa per vincere facile. Eppure, il calendario offre qualche spiraglio. Europa League? Conference? O addirittura Champions? La strada è in salita, ma non impossibile. E in una stagione dove le certezze sono poche, la Fiorentina si gode il lusso di crederci ancora.
Le big all’orizzonte: il momento della verità
Il calcio, però, non aspetta i sognatori. Domani sera a San Siro è subito la prova del nove contro una big –il Milan con il suo attacco da copertina – e per la Viola sarà l’occasione per tirare fuori gli artigli. Palladino prepara il match con la calma di chi sa che non ha nulla da perdere, ma tutto da dimostrare. Kean scalpita, mentre la difesa si affida alla sua esperienza e perché no, anche ad un pizzico di buona sorte. Una vittoria spingerebbe la Fiorentina più vicina al sogno europeo; una sconfitta, e si tornerebbe al solito copione del “peccato, ci abbiamo provato”. Non è una passeggiata, ma a Firenze sono abituati a soffrire. E se anche stavolta finisse con un bicchiere di rosso per consolarsi, nessuno si sorprenderebbe. Però, sotto sotto, ci credono.
La Conference, il trofeo che sfugge come un’anguilla
E poi c’è il sogno vero, quello che fa brillare gli occhi ai tifosi viola: la Conference League. Due finali perse pesano come macigni, cicatrici che non si rimarginano con un paio di vittorie in campionato. Ma questa Fiorentina, con Palladino al timone e Kean in versione cecchino, sembra avere le carte per provarci ancora. Non è lo Scudetto, che a Firenze resta un miraggio da narrare ai nipoti, ma un trofeo europeo sarebbe il riscatto perfetto per una piazza che ha visto troppe lacrime e pochi sorrisi. La strada è ancora lunga,ma la Viola ci crede. Palladino guida, Kean segna, e i tifosi spingono. Se poi arrivasse davvero, quel trofeo, Firenze si fermerebbe. Ma guai a dirlo troppo forte: il destino, da queste parti, ha il vizio di ascoltare e poi ridere. Per ora, la Fiorentina ci prova, e in un calcio dove vincono sempre i soliti noti, già questo è un atto di ribellione. Se poi il lieto fine arriva, si brinda. Altrimenti, pazienza: a Firenze sanno che il calcio è un gioco crudele, ma non smettono di giocarlo.
