Raffaele Palladino si para davanti ai microfoni del Viola Park come un indovino in felpa, un sapiente che scruta l’orizzonte di Milan-Fiorentina con la calma di chi sa che sabato potrebbe essere un’epopea o un mesto rientro in pullman. Con Rocco Commisso che lo scruta come un monarca benevolo, pronto a incensarlo o a spedirlo a meditare sui colli toscani, il tecnico viola ha snocciolato un discorso che è un capolavoro di equilibrismo, degno di un acrobata che cammina su un filo sospeso tra sogni e realtà.
Sul Milan, Palladino ha dipinto un ritratto che sembra uscito da un libro di favole: una squadra di rango, pensata per competere ai vertici, un avversario da affrontare con reverenza. Certo, Raffaele, e i draghi esistono davvero. Sérgio Conceição, l’attuale condottiero rossonero, si ritrova a guidare un manipolo che alterna guizzi di classe a momenti di smarrimento degni di un turista senza mappa. Rafael Leão danza sul campo come un airone con un’ala stanca, Christian Pulisic si perde nei suoi ghirigori e Theo Hernández sprinta come se dovesse recuperare un treno perso. Ma Palladino non si lascia abbagliare: ha lodato la loro prestazione contro l’Inter, per poi frenare ogni illusione. Favoriti? Neanche per sogno, meglio tenere il profilo basso. Tradotto: sa che San Siro è una giungla e non vuole tornare a Firenze con le pive nel sacco.
Poi c’è la sua Fiorentina, un esperimento che lui descrive come un fiore che sboccia dopo un temporale. Automatismi che si affinano, valori che si ergono come pilastri, una squadra che ha scacciato i fantasmi di un avvio zoppicante. Dove arriverà? Palladino si stringe nelle spalle con la serenità di chi ha smarrito la bussola ma non lo ammette: potrebbe essere un exploit o un tonfo da archiviare in fretta. Con Moise Kean che si batte come un guerriero e Robin Gosens che scongiura il suo ginocchio di reggere, la Viola è un enigma che potrebbe risolversi in un colpo da maestro o in una débâcle da riderci sopra a posteriori.
Gli infortuni sono il ritornello che trasforma la vigilia in un gioco di prestigio con carte mancanti. Per la Fiorentina, Andrea Colpani è ancora un’ombra lontana, Gosens un’incognita che pende tra un cerotto e una speranza, mentre Rolando Mandragora viene celebrato come un monaco guerriero pronto a tutto. Il Milan non ride: Mike Maignan è un felino tra i pali ma non immune a scricchiolii, Fikayo Tomori alterna magie a svarioni e Gimenez potrebbe decidere tutto con un guizzo o un sospiro. Tijjani Reijnders e Youssouf Fofana sono le certezze in mediana, mentre Tammy Abraham scalpita per lasciare il segno. Entrambe le squadre si presentano con qualche cerotto, ma Palladino sfodera il suo sorriso zen: tutto sotto controllo.
Sugli obiettivi, Raffaele si lancia in una giravolta retorica che incanta. Puntare in alto, certo, ma senza dire se l’alto sia un punticino strappato al Diavolo o un sogno da cantare al Franchi. Sul futuro di Yacine Adli e Nicolò Zaniolo, mutismo totale, con l’astuzia di chi sa che le parole sono mine vaganti. La Fiorentina è una navicella che solca mari incerti, con Palladino che predica calma e i tifosi viola che oscillano tra un “stavolta si può” e un “tanto ci rimontano”. Il Milan, sotto la guida di Conceição, è un titano che barcolla: Sérgio vuole riscatto, ma la classifica è un puzzle che sa di déjà-vu.
Infine, un canto di lode alla società e ai ragazzi, celebrati per aver resistito quando il cielo si annuvolava. Palladino si veste da guida saggia, con Commisso che approva come un sovrano che già pregusta la gloria o una dignitosa ritirata. Sabato sera, San Siro sarà lo scenario di questa danza calcistica: la Fiorentina potrà travestirsi da corsara e saccheggiare il tesoro rossonero, o tornerà scornata mentre il Milan si illude di aver ritrovato il passo? Per ora, Raffaele ci lascia con un sorriso da sibilla e noi, con un sogghigno da narratori scafati, aspettiamo il fischio d’inizio. Che vinca il più astuto, o almeno il meno distratto!
