Suzuka, dove i piloti tremano e i team pregano

Il circus della Formula 1, quel carrozzone di milionari con il casco e ingegneri con la calcolatrice, sta per atterrare in Giappone, terzo atto di una stagione 2025 che già sembra un film di Tarantino: adrenalina, sorprese e qualche colpo di scena che nemmeno il più ispirato degli sceneggiatori avrebbe osato immaginare. Il leggendario circuito di Suzuka – 5,807 chilometri di curve che sembrano disegnate da un sadico con la passione per gli origami – ospiterà il Gran Premio del Giappone, una pista che separa i fenomeni dai fenomeni da baraccone con la delicatezza di un samurai che affetta il sushi. E no, non è un’esagerazione: qui, tra le “S” del primo settore e la “130R” che ti fa vedere la luce in fondo al tunnel (o il guardrail), o sei un fuoriclasse o sei un ricordo.
Suzuka, la pista che non perdona (e non dimentica)
Suzuka è un’icona, un po’ come la pizza per Napoli o la pioggia per Milano: non si discute, si venera. Dal 1987, quando qualcuno pensò che far correre bolidi su un circuito a forma di “8” fosse un’idea geniale, questa pista ha sfornato momenti da antologia. Senna e Prost che si guardavano in cagnesco, trasformando ogni sorpasso in una questione di vita o di morte – e spesso di titolo mondiale – sono solo la punta dell’iceberg. Tredici campionati decisi qui, roba da far impallidire pure il Colosseo per storia e drammi. Ora che l’hanno spostata in primavera, con i ciliegi in fiore a fare da cornice, sembra quasi un quadretto romantico. Peccato che poi arrivi la “Degner” e ti ricordi che di romantico, qui, c’è solo il sogno di arrivare vivi al traguardo.
Stagione 2025: un caos organizzato
Due gare e già sembra di essere su un ottovolante senza freni. La McLaren, con quel furbetto di Lando Norris e il baby prodigio Oscar Piastri, ha messo le mani avanti: vittoria in Cina e leadership nel mondiale, tanto per far capire che quest’anno non sono venuti a fare i turisti. Otto punti di vantaggio su Max Verstappen, che a sua volta guida una Red Bull che sembra un toro con le corna spuntate: veloce, sì, ma non abbastanza da far tremare i rivali. E poi c’è il colpo di teatro: via Liam Lawson dopo due gare – due! – e dentro Yuki Tsunoda, il giapponesino con la faccia da manga e il piede da samurai. Horner, con la sua solita aria da “io so tutto”, ha deciso di giocarsi la carta patriottica: un giapponese a Suzuka con la Red Bull, roba che nemmeno un regista di Hollywood avrebbe osato. Vedremo se Tsunoda regge la pressione o se finisce a fare harakiri con il cronometro.
La Ferrari? Oh, la Ferrari. Dopo la Cina, dove Hamilton e Leclerc sono stati squalificati come due scolari beccati a copiare, a Maranello devono aver acceso un cero a San Gennaro. La SF-25 è un gioiellino che ogni tanto si inceppa, tipo un orologio svizzero comprato al mercato nero. Hamilton, che a Suzuka ha già fatto il bello e il cattivo tempo, deve dimostrare che i suoi sette titoli non sono un ricordo sbiadito, mentre Leclerc scalpita per non essere il solito “secondo che arriva primo solo nei sogni”. Insomma, a Suzuka serve un miracolo, o almeno un weekend senza drammi tecnici.
Il valzer delle gomme
Pirelli, che ormai è il vero burattinaio della Formula 1, ha tirato fuori le mescole dure – C1, C2, C3 – perché a Suzuka gli pneumatici non si consumano, si disintegrano. Le “S” Curves sono un massacro per l’anteriore, la “130R” un test per chi ha il coraggio di non alzare il piede, e il rettilineo un’illusione per chi pensa che sorpassare sia facile come bere un sakè. I team si arrovelleranno per trovare il setup perfetto, un po’ come un cuoco che cerca di fare un risotto senza riso: serve fantasia, ma anche un miracolo. E con il nuovo asfalto qua e là, c’è pure il rischio che i calcoli fatti al simulatore finiscano nel cestino. Buon divertimento, ingegneri.
I protagonisti: tra eroi e figuranti
Yuki Tsunoda è la star del weekend, inutile girarci intorno. Il ragazzo di casa, con quel casco che sembra uscito da un anime, ha la chance di zittire chi lo vedeva solo come un riempitivo. Un podio? Sarebbe l’apoteosi, con i tifosi giapponesi pronti a trasformarlo in un santino da appendere accanto al sushi bar. Verstappen, invece, deve ricordarsi che è ancora il re, anche se per ora sembra più un principe un po’ annoiato. Norris e Piastri, i gemelli diversi della McLaren, arrivano con il sorriso di chi sa di avere una macchina che va e un team che non sbaglia un pit stop nemmeno sotto tortura.
E la Ferrari? Hamilton si giocherà la carta dell’esperienza, Leclerc quella della disperazione. Se la rossa non si sveglia qui, a Maranello rischiano di passare l’estate a chiedersi dove hanno sbagliato. Intanto, occhio a qualche outsider: magari un’Alpine o una Racing Bulls che, tra un errore altrui e un colpo di fortuna, si infila dove non te l’aspetti.
Suzuka, il circo dei tifosi
Poi ci sono loro, i tifosi giapponesi, che trasformano il Gran Premio in una festa surreale. Vestiti da piloti, con striscioni che sembrano opere d’arte e un entusiasmo che farebbe invidia a un ultras del Napoli, sono il vero valore aggiunto. Con i sakura in fiore e il parco divertimenti a due passi, Suzuka è un’esperienza che va oltre la gara. E con 200.000 anime sugli spalti, come l’anno scorso, sarà un tripudio di colori e urla. Altro che Montecarlo con i suoi yacht e il suo snobismo: qui si respira motorsport, quello vero.
La sentenza di Suzuka
Il 6 aprile, quando alle 14:00 locali (le 6:00 in Italia, per chi avrà il coraggio di svegliarsi) le luci si spegneranno, Suzuka emetterà il suo verdetto. Tsunoda eroe nazionale o comparsa? Ferrari risorta o ancora in coma? McLaren dominatrice o Red Bull vendicatrice? Una cosa è certa: su questa pista non si bara. È un esame di maturità per piloti e team, un duello all’ultimo millesimo dove il talento vince e le scuse perdono. Preparate i popcorn, o meglio, una ciotola di ramen: il Gran Premio del Giappone sta per cominciare, e sarà un massacro. Sportivo, s’intende.

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