Il Napoli: Una Banda di Predoni con il Ghigno di Conte

Il Napoli di questi tempi è un esperimento che potrebbe far impallidire persino Frankenstein: prendi un allenatore che sembra un incrocio tra un sergente istruttore e un predicatore invasato, una squadra che l’anno scorso pareva un gruppo di turisti smarriti e un Lukaku che si muove come un bulldozer con il pilota automatico impostato su “distruggi tutto”. Mescoli il tutto con un pressing che farebbe sudare freddo un ninja e ottieni una macchina da guerra che non fa prigionieri. Contro il Milan, gli azzurri hanno sfoderato una prestazione che sembrava un assedio medievale: Politano che punzecchia come un calabrone con il mal di testa, Anguissa che corre come se gli avessero promesso una medaglia d’oro e una difesa che, per una volta, non ha fatto venire voglia di lanciare il telecomando contro il muro.

E poi c’è lui, Antonio Conte, il generale che comanda la truppa con la grazia di un toro infuriato in una cristalleria. Lo guardi e capisci che non sta allenando, sta conducendo una crociata: un secondo è lì che sbraita come un posseduto, quello dopo ti fissa con uno sguardo che dice “prova a contraddirmi, se hai il coraggio”. E i suoi rispondono, eccome se rispondono. Il Napoli è lì, a tallonare l’Inter, pronto a trasformare ogni partita in una dichiarazione di guerra. I tifosi sognano, Conte ordina, e il Milan? Beh, il Milan diventa solo un ricordo sbiadito sullo sfondo.

Il Milan: Il Diavolo che Ha Perso la Strada e il Manuale d’Istruzioni

Passiamo ai rossoneri, quei simpatici ragazzi che dovrebbero incutere timore solo a sentirli nominare, ma che in campo sembrano un gruppo di amici che si sono presentati alla partitella senza aver dormito. Contro il Napoli hanno offerto uno spettacolo che definire penoso è un atto di generosità: lenti come una processione di lumache in salita, prevedibili come un film già visto cento volte, con la grinta di chi sta scegliendo il gusto del gelato al bar. La difesa? Un colabrodo che perde acqua da tutte le parti, tanto che persino un secchio bucato si sentirebbe più utile. L’attacco? Una vaga intenzione, un “ci proviamo, ma non troppo”, un sogno che svanisce al primo contrasto. E il centrocampo? Probabilmente era ancora in autobus, a cercare il biglietto.

Sérgio Conceição, con quel suo fascino da corsaro lusitano, sembra il capitano di una nave che ha perso la bussola, i remi e pure la voglia di navigare. Quattro punti dietro Fiorentina e Lazio: fermatevi un attimo e assaporate la bellezza di questa frase. La Fiorentina, quella che gioca come se ogni partita fosse l’ultima e ha un Kean che segna con la naturalezza di chi respira. La Lazio, che magari non ti fa saltare dal divano per l’emozione, ma ha la solidità di un bunker antiatomico. E il Milan? Dietro, a mangiare la polvere, a chiedersi se qualcuno abbia spento l’interruttore della dignità a Milanello. Una squadra che dovrebbe lottare per lo scudetto e invece si ritrova a fare i conti con la calcolatrice per non perdere il tram dell’Europa.

La Classifica: Un Quadretto da Incubo

La classifica, a questo punto, è un quadretto che farebbe rabbrividire anche il più ottimista dei tifosi rossoneri. L’Inter lassù, con l’aria di chi sa tutto e non sbaglia mai, tipo il compagno di classe che finisce il compito mentre tu stai ancora cercando la penna. Il Napoli, un mastino che non molla, che ringhia e morde pur di non perdere di vista la preda. Fiorentina e Lazio, due intruse nella corsa Champions che si sono presentate al banchetto senza invito, ma con la faccia tosta di chi sa di meritarselo. E il Milan? Un passo falso dietro l’altro, un inciampo che sa di disastro, una caduta libera che lo tiene lontano dal podio e vicino al baratro del “forse l’anno prossimo”.

La Lezione del Campo: Umiltà o Umiliazione

Il campo, come sempre, è uno specchio impietoso. Il Napoli ha vinto perché ha corso, ha lottato, ha trattato ogni pallone come se fosse l’ultimo della sua vita. Il Milan ha perso perché si è specchiato troppo, convinto che il nome sulla maglia bastasse a portare a casa i punti. Gli azzurri hanno messo in scena una danza selvaggia, un assalto che non ha lasciato scampo. I rossoneri, invece, hanno fatto la figura di chi arriva a una festa elegante con le ciabatte e una macchia di sugo sulla camicia.

Conte gongola, probabilmente già pensando a come trasformare la prossima partita in un altro trionfo personale. Conceição riflette, magari chiedendosi se sia il caso di prenotare un corso intensivo di motivazione. E la classifica, con quel suo ghigno beffardo, ricorda a tutti che nel calcio non contano i blasoni, ma i fatti. Il Napoli vola, il Milan affonda, e noi stiamo qui, a goderci lo spettacolo di una squadra che sogna in grande e un’altra che, per ora, sembra aver dimenticato dove ha parcheggiato il talento. Magari la prossima volta si ricorderanno di giocare. O almeno di provarci.

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