Italia-Germania 1-2: San Siro, dove i sogni vanno a morire

L’Italia perde 1-2 contro la Germania nei quarti di Nations League e regala ai tifosi una serata che è un mix tra un funerale di terza categoria e una sitcom girata male. È la storia di sempre: ci illudiamo, ci esaltiamo, poi ci schiantiamo contro il muro della realtà con la grazia di un ubriaco che inciampa sul marciapiede. L’inizio è il classico specchietto per le allodole, quel momento in cui anche il più cinico dei tifosi si lascia andare a un “ehi, forse non facciamo proprio schifo”. Minuto 9: Sandro Tonali, il nostro angioletto con la faccia da spot della Mulino Bianco e il talento di chi dovrebbe stare in Champions invece che a fare il missionario in Nations League, segna l’1-0. Cross di Politano, respinta da circo di Tah, e Sandrino la piazza dentro con la calma di chi timbra il cartellino in fabbrica. San Siro si infiamma, Spalletti si aggiusta gli occhiali come un guru zen che ha appena decifrato il senso della vita, e noi, poveri illusi, pensiamo: “Toh, magari stavolta non ci asfaltano”. Spoiler: ci sbagliavamo, e pure di brutto.
Il primo tempo è un’agonia travestita da partita di pallone. L’Italia “controlla”, che tradotto significa “prega che i tedeschi non si sveglino”. Donnarumma para due tiri fiacchi che sembrano più un atto di beneficenza che un pericolo, mentre i nostri corrono come galline senza testa, convinti che il sudore sia un sostituto della tecnica. Dall’altra parte, la Germania, pure senza Havertz e Wirtz (grazie, santi ortopedici di Baviera!), ci osserva con la sufficienza di un professore che corregge il compito di un somaro. “Tranquilli, vi sistemo io”, sembra dire Nagelsmann, il ct hipster con la barbetta da influencer di tisane bio.
E infatti, ripresa, minuto 49: il tedesco tira fuori il libretto degli assegni e firma la rimonta. Dentro Kleindienst e Schlotterbeck, fuori due comparse qualunque, e via con lo show. Kimmich – uno che da noi lo metteremmo a fare pure il caffè pur di tenercelo – inventa un cross che è un’opera d’arte, Kleindienst salta su Bastoni come se fosse un tappetino dell’Ikea e la butta dentro. 1-1. San Siro tace, Spalletti si gratta la testa come un naufrago che cerca il segnale Wi-Fi, e noi capiamo che la serata sta per prendere la piega di un film di Dario Argento: tanto sangue e zero lieto fine.
Il colpo di grazia arriva al 76’. Angolo per la Germania. Kimmich crossa ancora, Goretzka – un armadio con la licenza di uccidere e la tecnica di un violinista – si libra in cielo mentre Bastoni sta probabilmente scrivendo mentalmente la caption per Instagram: “Grande esperienza, ci rifacciamo”. Gol. 1-2. La Germania ci ribalta come un calzino vecchio, e l’Italia crolla come un castello di carte sotto un ventilatore. Spalletti prova a giocarsi la carta della disperazione: dentro Bellanova, Ricci, Frattesi, Lucca. Risultato? Un disastro coreografato, una danza macabra che sembra diretta da un ubriaco. È come provare a spegnere un incendio con una pistola ad acqua scarica.
E le occasioni? Oh, ne abbiamo avute, ma le abbiamo gestite con la lucidità di un gatto che cerca di aprire una scatoletta di tonno. Raspadori, al 67’, si trova solo davanti a Baumann e tira come se volesse chiedergli scusa per il disturbo. Kean, qualche minuto prima, spara un diagonale che il portiere para con la fatica di chi sposta una mosca dal tavolo. Questa squadra è un eterno “poteva essere”: poteva segnare, poteva vincere, poteva non farci vergognare. E invece eccoci qua, a contare i cocci di un’altra illusione.
Spalletti, in conferenza, spara perle tipo “partita equilibrata” e “ci giochiamo tutto a Dortmund”. Certo, Lucià, e io sono il prossimo James Bond. Equilibrata come un match tra Godzilla e Bambi. A Dortmund, domenica, ci aspetta una mattanza, e lo sappiamo tutti. La Germania giocherà col ghigno di chi sa che può umiliarci anche con la squadra B, mentre noi ci affideremo al solito copione: grinta, sudore e un gol casuale che ci farà sperare per 5 minuti prima del tracollo.
E il contorno? Un circo degno di un film di Fellini girato col telefonino. La Rai ci ammorba con patriottismo da due soldi, i telecronisti snocciolano frasi fatte che sembrano prese da un Bignami del calcio anni ’90. Domenica ci giochiamo il ritorno, ma prepariamoci al peggio. Comprate birre, accendete candele, scrivete testamento: questa Italia è un’Odissea senza Ulisse, un viaggio verso il nulla con sosta al bar. E noi, masochisti patentati, saremo lì a guardarla, perché soffrire è l’unico sport in cui siamo campioni del mondo.

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