Il calcio è quella cosa meravigliosa che ti illude, ti esalta e poi ti sbatte in faccia la realtà come un secchio d’acqua gelata in pieno inverno. E se c’è una squadra che ultimamente sembra aver fatto pace con l’idea di essere una barzelletta, quella è la Juventus, un ex colosso che ora inciampa pure sulle sue stesse scarpe slacciate. La Fiorentina sta scaldando i motori per il prossimo match di campionato, e non vede l’ora di prendere a calci nel sedere questa versione bianconera che sembra uscita da un mercatino dell’usato: costosa, ma difettosa. Con Thiago Motta che guida il carrozzone come un cieco al volante, Cristiano Giuntoli che gioca a Monopoli con i soldi veri come un turista al duty free e Nico Gonzalez che torna da ex con la grinta di un bradipo in letargo, prepariamoci a una partita che potrebbe essere un trionfo viola e l’ennesima figuraccia bianconera.
La Juventus adesso è un disastro con le gambe. Una volta era la squadra che faceva venire i brividi, ora fa venire i brividi sì, ma di imbarazzo. L’ultima perla è il 4-0 contro l’Atalanta, un massacro che dovrebbe essere studiato nelle scuole calcio sotto la voce “come non difendere mai”. Quattro gol presi con la stessa facilità con cui si perdono le chiavi di casa: la difesa bianconera era lì, immobile, a guardare Lookman e soci che entravano in area come se fosse il Black Friday da MediaWorld. Thiago Motta, il guru del nulla cosmico, se ne stava lì con la faccia di chi ha perso il biglietto del tram e non sa come tornare a casa. “Dobbiamo lavorare sulla mentalità”, ha biascicato dopo. Mentalità, Thiago? Ma se i tuoi sembravano pronti per una partita a briscola al bar, altro che calcio!
Thiago Motta, il profeta del “forse domani andrà meglio”. A Bologna lo veneravano come un santone, capace di trasformare quattro scarti in una squadra vera. A Torino? È un predicatore senza Bibbia, un allenatore che cambia modulo più spesso di quanto mio padre cambi canale durante le pubblicità. La sua Juventus è un’accozzaglia di idee: un giorno pressa come se fosse il Bayern, quello dopo si chiude dietro come una squadra di Eccellenza sotto assedio. Il risultato? Una roba che non attacca, non difende e, soprattutto, non vince un accidenti. Contro l’Atalanta ha toccato l’apice della vergogna, e ora contro la Fiorentina si gioca la dignità, ammesso che gliene sia rimasta un briciolo. “È un percorso”, dice lui, mentre i tifosi già preparano i pomodori da tirargli in testa. Caro Thiago, il tuo percorso sembra una strada sterrata che finisce in un burrone.
E poi c’è Cristiano Giuntoli, il genio del mercato, l’uomo che ha speso più soldi di un milionario in un casinò e ha portato a casa una squadra che sembra un puzzle comprato su Wish: pezzi che non si incastrano e istruzioni in cinese. Oltre Koopmeiners, qual è stato il suo acquisto top? Nico Gonzalez, pagato 38 milioni alla Fiorentina credendo fosse un fenomeno. Risultato? Due gol, un assist e una collezione di infortuni che lo fa sembrare il testimonial di un ospedale privato. A Torino è un fantasma: non corre, non salta l’uomo, non fa nulla, se non occupare spazio in infermeria. Ora torna al Franchi da ex, e i tifosi viola già pregustano il momento di fischiarlo fino a farlo arrossire. “Nico, torna indietro, qui almeno eri utile!”, gli rideranno. E Giuntoli, dal canto suo, starà in tribuna a fare finta di niente, con quella calma di chi sa che tanto i soldi non sono suoi.
Nico Gonzalez alla Juve è un flop con la F maiuscola. A Firenze era un tornado, un’ala che faceva a fettine le difese e mandava in estasi il pubblico. A Torino? Un disastro, un pacco regalo con dentro solo carta straccia. Pagato quanto un monolocale a Milano, ha reso meno di un attaccante di Serie C in prestito. Contro la sua ex squadra avrà la chance di riscattarsi, ma conoscendolo finirà per inciampare sul pallone o per farsi male al primo scatto. I viola lo aspettano con il ghigno, pronti a ricordargli che il tradimento non paga, soprattutto se poi vai a fare la comparsa in una squadra allo sbando.
La Fiorentina, sia chiaro, non è il Real Madrid. Palladino sta cercando di dare un senso a questo gruppo, ma tra una vittoria e una sconfitta sembra più un giocoliere che un allenatore. Però contro la Juventus si trasforma: battere i bianconeri è un piacere che ha già provato più volte quando allenava il Monza, un qualcosa che va oltre la classifica, è una questione di principio. Dopo quel 4-0 dell’Atalanta, la Juve arriva con le ossa rotte, e i viola possono approfittarne per fare strike. Magari con un gol di Kean, l’ex juventino scaricato come un vecchio divano, che sogna di segnare e correre sotto la curva a fare “shhh” ai suoi vecchi capi.
L’Atalanta ha fatto a pezzi la Juventus come un cuoco stellato con un pollo: precisione, cattiveria, e pure un po’ di stile. La difesa bianconera pareva un colabrodo, come un gruppo di amici al parco che gioca per divertirsi mentre dall’altra parte c’era una squadra vera. Motta ha guardato il disastro con la serenità di un monaco buddista, mentre Gasperini, il suo ex mentore, gli dava una lezione da “ti ho cresciuto e ora ti seppellisco”. “Ci manca cattiveria”, ha detto Thiago dopo. No, caro, vi manca tutto: idee, gioco, dignità.
Fiorentina-Juventus, quindi, è un piatto da gourmet. Per i viola, la chance di affondare ‘sti bianconeri allo sbando e prendersi una rivincita da standing ovation; per la Juve, un test per vedere se sanno ancora calciare o se sono solo un gruppo di strapagati in gita. Se la Juve perde, Motta finirà nel mirino e Giuntoli si chiuderà in ufficio a fare finta di esistere. Per la Fiorentina potrebbe essere festa grande, con Nico Gonzalez trasformato in un meme e i tifosi viola a cantare “siete finiti” fino a perdere la voce. In ogni caso, il pallone rotola, e noi stiamo qui a goderci il tracollo di una Juventus che è diventata la barzelletta del momento.
