Ci sono squadre che perdono con dignità, altre che lottano fino all’ultimo respiro, e poi c’è la Fiorentina: un circo itinerante di autolesionismo che a Verona ha toccato vette di comicità involontaria da standing ovation. L’Hellas, con la ferocia di un pensionato in coda per la pensione, ha steso i viola 1-0 al 95’, grazie a un gol di Bernede che sembrava più un’elemosina accettata con imbarazzo che un trionfo. E la ciliegina sulla torta? La squadra di Palladino, con la grazia di un bradipo ubriaco, ha buttato nel cestino l’occasione di approfittare delle figuracce di Milan, Bologna e Lazio. Roba da far rimpiangere i tempi in cui almeno si poteva dare la colpa a Italiano.
Procediamo con ordine, perché il dovere di cronaca lo richiede, anche se qui c’è poco da cronacheggiare e molto da satireggiare. La Fiorentina arriva al Bentegodi con la possibilità di fare il colpaccio in classifica, visto che Milan (perso nei suoi psicodrammi da soap opera), Bologna (svenuto sulla sua stessa presunzione) e Lazio avevano gentilmente spalancato la porta. E cosa fa la Viola? La richiude con un calcio in faccia a sé stessa, ovviamente. Non sia mai che si approfitti di un momento di debolezza altrui: troppo volgare per una squadra che eleva la mediocrità a stile di vita. E così, mentre l’Hellas sonnecchiava, limitandosi a raccogliere le briciole di un match che sembrava destinato allo 0-0, i viola hanno deciso di regalare tre punti come se fossero volantini di un discount.
Parliamo della partita, se vogliamo chiamarla così. Novantacinque minuti di nulla cosmico, con la Fiorentina che sembrava giocare sotto sedativi e l’Hellas che, probabilmente incredulo, si è limitato a guardare lo spettacolo. Poi, al fotofinish, Bernede – uno che in altre circostanze farebbe fatica a segnare in un campetto di periferia – decide di prendersi la scena. Comuzzo, travestito da difensore per l’occasione, gli apre un varco degno di un’autostrada, e il resto è storia: 1-0. Applausi, sipario, e un altro capitolo per il libro “Fiorentina: 101 modi per perdere con stile”. Palladino, dal canto suo, osserva la debacle con l’espressione di chi ha appena scoperto che il suo gatto ha mangiato l’ultima fetta di pizza: rassegnato, ma non troppo sorpreso.
E ora, il sarcasmo, perché qui serve una penna affilata come un coltello da sushi. Questa Fiorentina non è una squadra, è un esperimento sociale: fino a che punto puoi spingere la pazienza dei tifosi prima che inizino a tifare per il meteo? È quasi ammirevole la costanza con cui i viola trasformano ogni opportunità in un disastro annunciato. “Europa in bilico”, gridano i più ingenui. Bilico? Qui siamo in caduta libera verso il baratro della banalità, con un biglietto di sola andata per la terra di nessuno della classifica. I tifosi, veri martiri di questa epopea tragicomica, meritano un Oscar per la resilienza: sostenere questa squadra è come applaudire un clown che inciampa sullo stesso gradino per la millesima volta.
Il bello – o il brutto, fate voi – è che il calendario aveva servito un assist d’oro. Milan, Bologna e Lazio avevano praticamente implorato la Fiorentina di fare risultato, ma no, troppo sforzo. Meglio lasciare che l’Hellas, con la pericolosità di un criceto asmatico, si prenda i tre punti e magari pure una pacca sulla spalla. È una generosità che rasenta il patologico, un’altruismo calcistico che farebbe commuovere Madre Teresa, se non fosse che il calcio non è un’opera di beneficenza.
In chiusura, un consiglio ai viola: smettetela di illudere, tanto non ci crede più nessuno. La sconfitta di Verona non è un incidente di percorso, è la vostra carta d’identità: molli, prevedibili e con un talento innato per deludere. La prossima partita? Prepariamo i fazzoletti, tifosi viola, perché qui si piange.
