Domenica 23 febbraio 2025, ore 15:00, Stadio Marcantonio Bentegodi: la Fiorentina affronta l’Hellas Verona nella 26ª giornata di Serie A, un appuntamento che sulla carta sembra un comodo pit-stop verso l’Europa e nella realtà rischia di essere l’ennesima dimostrazione che i viola, fuori dal Franchi, hanno la tenuta emotiva di un adolescente in crisi ormonale. Raffaele Palladino, il tecnico con la faccia di chi ha già visto tutto e non si stupisce più di niente, guiderà i suoi in una trasferta che i tifosi sognano come un trionfo e temono come l’ennesimo capitolo della saga “perdere punti contro squadre mediocri”.
Verona: il regno del “tanto basta”
L’Hellas Verona è un’entità calcistica che vive di paradossi: capace di battere la Roma a novembre e poi di farsi umiliare 5-0 da una Atalanta in giornata di grazia – o meglio, da un Mateo Retegui che ha deciso addirittura di giocare a Poker. I gialloblù stazionano in una terra di nessuno a metà classifica, con una difesa che sembra progettata da un ingegnere ubriaco e un attacco che vive di momenti di ispirazione divina alternati a lunghi periodi di letargo. In casa, però, diventano pericolosi, non tanto per qualità quanto per quella ostinazione tipica di chi non ha niente da perdere. Occhio a Serdar o Lazovic: uno dei due troverà il modo di punire i viola, probabilmente su un errore che farebbe ridere se non fosse tragico.
Fiorentina: grandi promesse, piccole certezze
La truppa viola arriva a Verona con un 2025 che è un misto di illusioni e schiaffi in faccia. La vittoria contro l’Inter (3-0) è stata un’oasi di competenza in un deserto di incoerenza, mentre la sconfitta casalinga con il Como (0-2) ha ricordato a tutti che questa squadra sa farsi male da sola meglio di chiunque altro. Palladino, osannato come il salvatore dopo anni di gestione Italiano, si ritrova a gestire una rosa che alterna lampi di genialità a blackout da tribunale sportivo. Moise Kean, l’uomo da copertina, è in stato di grazia – tripletta all’andata contro il Verona inclusa – ma basta una giornata storta per tornare il centravanti spaesato che tutti ricordiamo dai tempi della Juventus.
La difesa, con Pongracic e Ranieri, è un rebus: o si chiude a riccio o si spalanca come un negozio in svendita, e indovinate quale delle due opzioni è più probabile contro un Verona affamato. A centrocampo, Mandragora e Cataldi dovranno sudare sette camicie per non farsi travolgere da avversari che corrono più per disperazione che per strategia. Sulle fasce, con Gosens squalificato, ci saranno Parisi e Dodò. Sono chiamati a fare la differenza, ma se il primo pensa troppo a convincere Palladino di essere ancora quello di Empoli e il secondo si perde in un dribbling di troppo, sarà un’altra giornata di rimpianti. Zaniolo, potrebbe risolvere tutto con un guizzo, ma anche regalare ai tifosi l’ennesima sequenza di passaggi sbagliati da far venire i capelli bianchi.
Le otto vittorie di fila? Carta straccia.
La Fiorentina vanta sei successi consecutivi in Serie A contro il Verona, una statistica che dovrebbe tranquillizzare ma che, per chiunque conosca i viola, è solo un invito alla catastrofe. Il passato non conta quando la tua squadra ha la capacità innata di trasformare una partita scontata in un incubo collettivo. Basta un Montipò in giornata di gloria, un rimpallo fortunoso o una distrazione difensiva – e ce ne sarà una, garantito – per mandare all’aria ogni piano. I tifosi lo sanno: ogni trasferta è un salto nel buio, ogni punto perso un’occasione per rispolverare il campionario di recriminazioni, dal “non sappiamo difendere” al “ci manca un vero leader”.
Verona-Fiorentina non è una partita, è un test psicologico: se i viola tornano con tre punti, è un miracolo; se no, è solo un altro giorno qualunque nella storia di una squadra che ama promettere il cielo e consegnare purgatorio.
Forza Fiorentina, certo. Ma non trattenete il fiato: a Verona si va per vincere, si finisce per sopravvivere. Che San Giovanni ci mandi un gol, o almeno un alibi decente.
